Questa intervista di Cesare Barbieri è stata pubblicata sul Nuovo Calcio n.75 del Giugno 1998. Tutto il servizio occupa 4 pagine con 4 fotografie, un' ampia intervista e 3 brevi riquadri, due dei quali firmati sempre da Cesare Barbieri. Il taglio è decisamente tecnico, in sintonia col taglio generale della rivista. Riporto tutto il servizio integralmente correggendo un paio di evidenti refusi. (Gabe KW).

LA CALCIATRICE: CAROLINA MORACE

LA SIGNORA DEGLI SCUDETTI

di Cesare Barbieri

da IL NUOVO CALCIO n.75 - giugno 1998

CHI E'



Nata a: Venezia
Il: 5-2-1964
Carriera: Ca' Bianca (serie C), Spinea (B), Belluno, Verona, Trani, Lazio, Reggiana, Torres, Agliana, Verona, Modena.
Vanta 153 presenze e 105 gol in Nazionale

Tredici campionati vinti: questo l' incredibile bilancio personale di una giocatrice straordinaria. Attaccante implacabile, ha segnato più di cento gol in Nazionale, è stata un esempio per tutte le ragazze con le quali ha giocato. Centravanti, avvocato civilista e commentatrice televisiva, è un personaggio che l' Europa intera ci invidia. Nel momento dell' addio al calcio, dopo aver dominato la scena per più di un decennio, lancia un grido di allarme: "Mancano allenatori e preparatori qualificati".

Qualsiasi giro di parole è inutile: Carolina Morace, piaccia o no, è il simbolo del calcio femminile. Se non ci credete appostatevi ai cancelli di uno stadio qualsiasi e domandate: "Mi dice il nome di una calciatrice ?", l' esito del sondaggio avrà un risultato simile a quello delle elezioni bulgare. Non solo: durante gli europei dell' anno scorso, ci è capitato di assistere alle partite trasmesse dalla Rai, ebbene la Morace era l' unica ad essere chiamata per nome dal telecronista. Carolina, basta la parola.
Così quando scopri che è giunta al passo d' addio capisci che si è chiusa un' epoca. Non vorresti crederci, perchè quando un campione lascia lo sport agonistico è sempre un momento triste, quello della resa davanti al tempo che passa. Ma all' agonia con maglie di squadre prive di ambizioni, la Morace, donna di straordinaria intelligenza, ha preferito l' abbandono quando ancora il crepuscolo è lontano. In fin dei conti è stato proprio il suo Amadio Modena a caratterizzare una stagione che inizialmente vedeva Cascine Vica e Pisa Fotoamatore ai vertici della classifica, pronte a scucire il triangolino tricolore dal petto delle emiliane.
Incontri Carolina e vorresti farti raccontare la storia della sua vita, ma scopri che la donna capace di segnare 105 gol con la maglia della Nazionale e di vincere tredici scudetti preferisce parlare del domani di questa disciplina. Vuole evitare le celebrazioni, preferisce lanciare messaggi chiari. A tutti.
Il tuo ritiro è ufficiale ?
"Praticamente sì. Non me la sento più di continuare, giocare non mi diverte più come prima."
Quando l' hai capito ?
"Se confronto i due anni di Modena con quello di Verona, il contrasto è più che evidente. Anzi, ieri sera ho invitato a cena due mie compagne di squadra, Patrizia Panico e Manuela Tesse, che da tempo cercano di farmi ricredere. Mentre si parlava, ho aperto un cassetto dal quale ho estratto una videocassetta che mi era stata regalata dopo il campionato vinto a Verona. Ho chiesto a Manuela e Patrizia di osservare con attenzione, io era un' altra Carolina rispetto a quella di oggi, ma tutta la squadra giocava meglio."
Spiegati meglio...
"La nostra allenatrice Anna Mega ci schierava con il 4-4-2 e..."
Scusa se ti interrompo. In Italia giocano quasi tutti con il 5-3-2, vorresti dire che eravate all' avanguardia ?
"Oh, siamo finiti in un campo che mi piace ! E' vero, da noi molti optano per il 5-3-2, ma io non penso sia la formula ideale per il calcio femminile. Questo modulo, infatti, spreme eccessivamente le ragazze impegnate sulla fascia. Per coprire da sole le corsie destra e sinistra i due laterali devono essere molto veloci e avere due polmoni straordinari, caratteristiche che talvolta non si trovano neanche tra i maschi. E poi, noi donne non abbiamo un calcio forte e preciso, cambiare lato del campo diventa veramente difficile e impostare la manovra non risulta facile. Invece con il 4-4-2 c'è sempre un sostegno per chi è in possesso di palla. A Verona con Anna Mega in panchina, giocavamo veramente bene, chi aveva il pallone era sempre "accompagnato" e sapeva di avere vicino almeno un giocatore da servire. I difensori, inoltre coprivano sempre facendo la diagonale".
E quando vi attaccavano ? I centrali in linea non soffrivano ?
"Il nostro allenatore aveva pensato anche a questo: infatti c'era una giocatrice che andava sempre in marcatura sul centravanti e una che si staccava a fare il libero. Naturalmente, se l' attaccante si spostava al di fuori della zona centrale veniva lasciata a chi agiva in fascia".
Torniamo alla cena con Tesse e Panico...
"Anche Manuela a Verona giocava molto meglio, ma lei è giovane e troverà allenatori in grado di valorizzarla ulteriormente. Ma tralasciamo questo particolare e veniamo a me. Dopo aver visto la videocassetta le mie compagne di squadra hanno convenuto che, pur non avendo deluso, quest'anno quella era un' altra Carolina."
Sei molto lucida in questa disamina.
"Guarda, è la semplice verità. A trentaquattro anni bisogna anche pensare al domani, il mio futuro è qui a Roma dove lavoro. Non penso sia il caso di andare nuovamente in giro per l' Italia a cercare un ingaggio."
E se la Lazio facesse una supersquadra ?
"Potrei farci un pensierino ma difficilmente cambierei opinione."
Hai giocato 153 partite in Nazionale, quindi hai parecchia esperienza internazionale. Quali sono le differenze tra il nostro calcio e quello europeo ?
"La preparazione fisica oggi ha un ruolo importantissimo. Noi italiane soffriamo sempre le avversarie sul piano della corsa, le squadre straniere hanno professionisti eccellenti che curano la condizione delle giocatrici, noi purtroppo no."
Alcune tue compagne, però, dicono che le nordiche e le tedesche hanno fisici imponenti.
"Questo è vero. Però quando Manuela Tesse, che non è un colosso, è bene allenata ti assicuro che non perde un contrasto neanche con avversarie ben più prestanti di lei. E' tutta questione di preparazione, anzi ti porto un altro paio di esempi. Quando avevo vent'anni mi dicevano che ero brava, ma lenta. Volevo migliorarmi a tutti i costi, capivo di poter essere una giocatrice importante, quindi decisi di affidarmi alle cure del professor Luigi Perrone, un ottimo preparatore, che mi fece svolgere del lavoro specifico. Non voglio parlare dei sacrifici che ho fatto, ma ne è valsa la pena. 

L' ultima partita giocata in Nazionale contro la Germania il 12 luglio 1987
Pensa che mi sono allenata con lui fino a pochi giorni fa...E ancora, che Patrizia Panico fosse brava lo sapevano tutti, ma quando è arrivata a Roma faticava un pochino, durante gli allenamenti, a tenere il passo mio e di Manuela. Oggi siamo noi che non riusciamo a tenerle testa. Questo vuol dire che con un buon preparatore tutte possono progredire."
La Presidente federale dice che mancano allenatori qualificati.
"Ha perfettamente ragione, non capisco perchè per allenare un bambino di otto anni serva un patentino e per guidare una squadra di calcio femminile no."

Carolina Morace e Roberto Baggio in una foto di qualche anno fa
Pare che ci siano pochi soldi per invogliare i tecnici
"Balle. Quando ho frequentato il corso di Seconda Categoria ho incontrato parecchi ragazzi giovani che si dicevano pronti a fare esperienza con noi. I presidenti, però, preferiscono affidarsi sempre agli stessi personaggi che si aggirano sui nostri campi, anzichè battere qualche strada nuova affidando la squadra a chi verrebbe volentieri senza sentirsi un santone. Noi non abbiamo bisogno di persone che vengono a imporci il loro modo di giocare, ma samo alla ricerca di allenatori mentalmente duttili che vogliano confrontarsi. Mi spingo ancora più in là: Costanzo Celestini, l' ex giocatore di Napoli e Udinese (la sua carriera finì a causa di un brutto incidente di gioco n.d.a.), allena in serie C a Ischia. Lo fa per puro divertimento e io ti domando: pensi che uno così non possa fare comodo a una società di categoria superiore ?"
Tu faresti l' allenatore ?
"Beh, lo sto già facendo. Mi è stata affidata la rappresentativa del Lazio e sono fiera dei miglioramenti delle mie ragazzine. Di quanto ti sto dicendo è buona testimone anche la Tesse. Io curo molto l' aspetto tecnico, mostro alle ragazze come calciare la palla, come stopparla, come dribblare l' avversaria. Penso di riuscire a fare di più di quanto facciano con noi i nostri allenatori."
Sei durissima...
"Ma è la verità. Se fino ad ora abbiamo parlato quasi esclusivamente di attività di vertice, adesso vorrei approfondire il discorso riguardante i settori giovanili. Le ragazzine, solitamente vengono al campo due volte la settimana e fin qui nulla di strano. Ma se un allenamento lo si dedica tutto alla parte atletica queste hanno ragione a scappare. Chi inizia a giocare a calcio lo fa per rincorrere un pallone, perchè vuole tirare in porta magari segnando qualche gol. Se una seduta la passi quasi tutta senza giocare, te ne rimane una sola per divertirti davvero. Così molte emigrano verso altri sport."
In panchina è meglio un uomo o una donna ?
"Per chi guida le squadre maggiori il biglietto da visita deve essere la competenza. Ma per i settori giovanili o la serie C, le cose cambiano: noi siamo più indicate. Ci sono moltissime calciatrici che stanno per smettere, perchè non le coinvolgiamo ? Una bambina o una ragazza che gioca in C se vede il suo allenatore che calcia può pensare "Bella forza, sei un uomo. Ci credo che riesci a colpire così bene". Ma se vedesse una di noi, capirebbe che non è proprio impossibile tirare forte, riuscire a lanciare in profondità o mirare l' angolino".
Tu chiudi a trentaquattro anni, ma c'è chi abbandona prima...
"I rimborsi spese sono abbastanza esigui, quindi chi trova un lavoro abbandona oppure decide di giocare dove ha trovato occupazione. Ma a pesare moltissimo è anche un altro fattore: tante volte capita di non sentirsi atleta, si gioca con pochi spettatori e i mass media non ci dedicano molto spazio."
Le partite che finiscono 6-0 o 7-1 non sono una buona pubblicità per il vostro movimento.
"A questo ho pensato molte volte, ma ti assicuro che questi "cappotti" non vanno letti in senso dispregiativo o punitivo. Nel calcio femminile si può crescere solamente giocando e, visto che tra le squadre di vertice e quelle di coda c'è una certa differenza, è giusto continuare a segnare. Le ragazze che subiscono delle pesanti sconfitte non devono demoralizzarsi, ma trarre insegnamento e migliorarsi. E poi, se certe compagini fossero ben preparate fisicamente i differenti valori tecnici emergerebbero ma le partite finirebbero 2-0 o 3-0 e non di goleada."
Tredici scudetti vinti, sei il simbolo dell' intero movimento. Ti senti di dare un consiglio alle ragazze che giocano?
"Se dicessi lavoro, lavoro e ancora lavoro potrei sembrare abbastanza banale. Allora aggiungo che, oltre al lavoro sul campo, è importante non smettere mai di fare sport. Quando terminava la stagione agonistica io mi fermavo una decina di giorni, poi via a giocare a tennis e calcio a 5 con gli amici. Nello sport, se si vuole riuscire, non bisogna fermarsi mai. E' molto importante anche il riposo attivo, ma questo concetto sfugge a molte giocatrici."
Hai parlato di calcio a 5.
"Non gioco mai i tornei femminili, qui nel Lazio troppe volte si esagera sul piano agonistico e poi c' è gente che a fine partita non ti stringe nemmeno la mano. Meglio andare al campo con i ragazzi e dopo la doccia via, tutti insieme a mangiare un panino."
Carolina, parliamo della tua laurea in giurisprudenza. Studiare e giocare quindi è possibile ?
"Ho terminato il corso in sette anni. Certamente, si poteva fare meglio, però in questo periodo non solo ho giocato, ma ho cercato di vivere come una donna normale: badavo alla mia casa, facevo la spesa e cucinavo. Tengo molto alla mia alimentazione, soprattutto devo stare molto attenta, altrimenti mi appesantisco. Con questo non voglio una medaglia, ma solo precisare che non frequentavo le lezioni e suddividevo la mia giornata così: la mattina studio e faccende domestiche, il pomeriggio allenamento.
Oggi eserciti. Sei civilista o penalista ?
"Lavoro in uno studio di Roma che si occupa principalmente di infortunistica, ma capita anche di seguire delle separazioni".
E di "Goleada" cosa dici ?
"Da qualche anno collaboro con Telemontecarlo, mi diverto moltissimo a commentare le partite. Spero che Massimo Caputi e Giacomo Bulgarelli mi vogliano tenere a lungo nella loro squadra ".
Cosa farai da grande ?
"L' avvocato, il commentatore, giocherò a tennis e...questo non te lo dico, scoprilo da solo."
L' allenatore, Carolina. Gettare al vento un patrimonio come il tuo sarebbe una follia.
 

E' SEMPLICEMENTE ECCEZIONALE



L' addio al calcio di Carolina era annunciato da tempo, la Morace prima dell' avvio della stagione aveva fatto intendere che a fine anno avrebbe appeso le scarpe al chiodo. Quindi abbiamo voluto interpellare alcune  compagne di squadra e di Nazionale. I giudizi sono, come era facile attendersi, più che lusinghieri.
Patrizia Panico, attaccante dell' Amadio Modena e della Nazionale: "Carolina è sempre fortissima, potrebbe giocare ancora parecchi anni. Corre più di certe ventenni, tecnicamente nessuno si è mai sognato di discuterla. Io mi reputo molto fortunata per aver potuto giocare al suo fianco. Se sono migliorata parte del merito è anche suo. Se ci ripensasse sarei felicissima..."
Giorgia Brenzan, portiere della Torres e della Nazionale: "E' un peccato che smetta. Per un portiere è sempre bello confrontarsi con attaccanti del suo valore."
Daniela Tavalazzi, difensore del Cascine Vica e della Nazionale: "Non ho mai giocato in squadra con lei, ho sempre preferito stare dall' altra parte della barricata. Se non posso esprimere un giudizio sulla persona per non avere mai trascorso un' annata intera al suo fianco, posso dire che tecnicamente è una giocatrice fantastica. Io però ho un piccolo vanto: quando l' ho marcata non ha mai segnato."
Manuela Tesse, centrocampista dell' Amadio Modena e della Nazionale: "E' la più forte, ma questo non basta per renderle totalmente  merito. Carolina è un leader, una professionista vera in grado di dare l' esempio a tutto lo spogliatoio. In Italia attaccanti così potenti non ce ne sono."
Damiana Deiana, difensore del Cascine Vica e della Nazionale: "Un talento incredibile. Mi ricordo quando ho giocato al suo fianco nella Torres a Sassari. Vincemmo lo scudetto, Carolina fu straordinaria. Anche se avevo 23 anni da lei ho imparato moltissimo, anzi anche oggi, a distanza di quattro anni, sono certa che possa insegnarmi moltissimo."

LA BAMBINA PRODIGIO



A undici anni falsificarono un documento per poterla schierare in serie C, ma Carolina era troppo forte per rimanere ancora a guardare. Inizia così la carriera di un attaccante prodigioso, che ha vestito la sua prima maglia azzurra a quattordici anni, al San Paolo di Napoli, contro la Jugoslavia.
"Abitavamo a Venezia, al quartiere Castello, papà Ignazio era un ufficiale della Marina e quando tornava dal lavoro mi portava al campo a giocare. Con noi c'era sempre anche Davide, mio fratello: ci divertivamo un mondo a prendere a calci la palla. Non ricordo se avevo tre, quattro o cinque anni, ma questo penso che importi poco. Ricordo solo che andai alla Ca' Bianca, la mia prima squadra, all' età di otto anni. Ero felice, Norina, mia madre, mi chiedeva solamente di fare i compiti, anche se non riusciva a comprendere come una bambina potesse preferire il calcio alle bambole. Nella  mente ho ancora scolpito il mio esordio in Nazionale: avevo quattordici anni, affrontavamo la Jugoslavia a Napoli e a 10' dalla fine rilevai una giocatrice che per me era un mito: Betty Vignotto. Vincemmo 5-1, non segnai ma in quella manciata di minuti toccai il cielo con un dito."
Iniziò così la tua avventura ?
"Sinceramente non lo so. Certamente l' esordio in Nazionale fu importante, ma ai tempi abitavo ancora a Venezia con la mia famiglia. A diciotto anni, invece, prima dell' ultimo anno di liceo decisi di accettare le offerte di Trani, andai in Puglia, in una squadra che vinse il campionato. Forse la grande avventura è iniziata proprio da lì."

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