L' articolo/intervista che riporto in questa pagina è stato tratto dal Radiocorriere Tv, o meglio dall' inserto Campioni, dell' ultima settimana del novembre 1989. L' autore è Paolo Grasso e ci sono anche alcune fotografie scattate da Marcello Mencarini appositamente per questo servizio. Non sappiamo però quali siano esattamente attribuibili al fotografo accreditato (presumibilmente le foto di azioni di gioco e dell' esordio in nazionale provengono dalla stessa Carolina). Rispetto alla versione originale ho solo aggiunto o tolto  qualche virgola per migliorare la comprensione di alcune frasi e corretto qualche evidente refuso. (GabeKW)

QUANDO LE DONNE SCENDONO IN CAMPO...

CAROLINA GOL


di Paolo Grasso

foto Marcello Mencarini

E se Azeglio Vicini convocasse un calciatore come lei, che segna cinquanta gol in campionato, per fare da punta a una Nazionale che segna poco ?
"Chi, io ?", risponde ridendo Carolina Morace, "farei brutta figura. Ancora ancora a calcetto, nel campo grande no".
L'appuntamento è sabato alle sette meno un quarto del mattino in piazza S.Marco per le foto da fare con il primo sole, poi scappiamo in auto verso Reggio Emilia, dove la sua squadra, la Reggiana Zambelli, l' aspetta alle undici per l'incontro di campionato. E, via a Prato dalle sue amiche, per rivederci l'indomani a Roma, dove rientrerà per il suo programma delle 19 su T.R.E. (Odeon TV).
Un week-end di corsa, denso di cose, per conoscere da vicino questa venexiana che gioca a pallone, bella come B.B., giovanissima, bionda con gli occhi verde grauso (scuro), il muso imbronciato pronto a dire no, come tutti gli Acquario. L' unica domanda da non fare è: com'è che hai incontrato il pallone, perchè glielo chiedono tutti. Da anni. 

Carolina Morace (25 anni) attaccante della Nazionale e della Reggiana Zambelli, in Piazza S.Marco. Capocannoniere per tre volte negli ultimi cinque anni, è attualmente in testa alla classifica
La sua splendida mamma, la signora Norina, veneziana: "Me la ricordo da sempre con un pallone tra i piedi, da due anni in poi. Mio marito aveva attrezzato due campetti vicino a casa e lì giocavano tutti: Carolina, suo fratello Davide che ha 27 anni e gioca anche lui, nell' Edomestre, persino sua sorella più grande, Monica, 29 anni, almeno finchè non si è rotta il mignolo in porta e ha smesso". 
Quando, in famiglia, l'hanno vista andar via di casa cinque anni fa, lei che in Nazionale è entrata a 14 anni, (undici anni fa), vincere quattro scudetti (due con il Trani e due con la Lazio), tre volte capocannoniere, era chiaro che il suo futuro sarebbe stato nei tacchetti dei suoi scarpini.
E mentre andiamo a Reggio Emilia per la partita, Carolina ci racconta questo suo mondo del calcio, dove c'è una serie A con sedici squadre, due gironi di B con 28 squadre, gli incontri sono al sabato "ma, adesso, sugli stessi campi dei signori della domenica", i tempi delle partite sono di 40 minuti e poi c'è la Nazionale, che sabato 2 gioca con la Svizzera per gli Europei. "Ci sono ragazze che perdono giornate di lavoro e non vengono rimborsate. Il campionato femminile è atipico; la Federazione dovrebbe capirlo. È giusto, per esempio, che non ti diano le trentamila lire di diaria ? È giusto che si debbano prendere le ferie per fare i ritiri della Nazionale ? Ad esempio, per andare in Bulgaria dove abbiamo vinto tre a uno, perchè non siamo delle scarpone, abbiamo perso 4-5 giorni di lavoro".
 
Dopo settant'anni di semiclandestinità, da quando si giocava sui campi lombardi con le gonne nere lunghe, i tempi delle pioniere, Losanna Stringari, Rosetta Boccali, Marisa Bellei, ecc. insomma cose da storia, questa è la prima generazione di calciatrici con campionesse come Betty Vignotto che ora ha 35 anni e oltre 100 gol in maglia azzurra.
Da tre anni le calciatrici fanno parte della Federcalcio, anche se nella Lega Dilettanti in un settore a sè, con un presidente nuovo, Maurizio Foroni. "Quello che si rivendica non è tanto essere come un uomo", continua Carolina, "non mi interessa di arrivare a giocare come Maradona o guadagnare quanto, che so, Franco Baresi. Non c'è il problema del confronto tra calcio maschile e calcio femminile. 
Il problema è che come vengono date le strutture agli uomini, è giusto che le abbiamo anche noi per fare quello quello che ci piace". Il fatto di non avere un livello professionisti diventa un handicap "perchè un conto è disporre del campo tutti i giorni, gente qualificata che ti segue, un altro conto è allenarsi tre volte alla settimana, magari alla sera, andare avanti e indietro come faccio io tra Roma e Reggio Emilia.
Fra di noi c'è chi lavora fino alle sei di pomeriggio e poi va a fare allenamento. È sicuramente un vantaggio essere entrate nella Federazione, perchè è un'organizzazione riconosciuta, seria, che ha i mezzi, però il calcio femminile va visto con un occhio differente. Per esempio il calcio maschile non ha bisogno di essere pubblicizzato, perchè è lo sport più popolare, quello femminile sì. Ma nella Lega Dilettanti non è previsto niente per la promozione. Secondo me molta gente non conosce il calcio femminile, tutti si aspettano undici sgallettate che corrono dietro ad un pallone...".
Problemi, tanti: l'assistenza medica, il tesseramento quadriennale e non a vita, la crescita stessa di questo sport: "per questo noi ragazze dell' A e della B siamo iscritte all' associazione calciatrici - l' AIGC - che è presieduta da Anna Maria Cavarzan ed è l' unica forma di associazione sindacale esistente in qualsiasi sport femminile".
Insomma il pallone è, e rimane, maschio. Sulla panchina ci sono "loro", a dirigere le società, poi gli arbitri e anche il pubblico. "Sono abbastanza ottimista, passi avanti se ne sono fatti, perchè è il corso della storia che è così, però se ci fosse la volontà di far crescere questo sport...si potrebbero fare dei passi incredibili. Perchè non fare una partita di femminile prima di quella maschile, la domenica ? Ci sarebbe meno violenza anche sugli spalti. Io ho avuto nella mia carriera un solo allenatore che mi ha insegnato tutto, Sergio Guenza, che è poi l' allenatore attuale della Nazionale. Ma quante ce ne sono di ragazze che non hanno queste doti innate e che potrebbero emergere ? A Coverciano, ad esempio, dall'anno prossimo sono aperti per la prima volta corsi per allenatrici donne. A me non interessa se l'allenatore o l'arbitro siano uomo o donna, basta che siano capaci."
Carolina Morace è la prima ragazza-ragazza del calcio italiano, che corre con la sua grande coda di cavallo al vento sempre nell' altra metà del campo. E lei di rimessa:"Credo che il pubblico ami uno che lotta per la sua squadra. Però non mi sono mai sentita maschile e non ho mai avuto problemi quando qualche mio amico mi veniva a vedere: oddio, adesso mi vede in calzettoni come un maschio ! E poi non sono la sola: c'è Betty Bavagnoli, che abita a Roma con me e gioca nella Lazio, lei è carina; Eva Russo anche. Ci sono belle ragazze e meno carine, come dappertutto". E chiude: "Bella io ? Boh ! non so quanto si veda dalla tribuna. Sì, si vedono i capelli che sono biondi".
Carolina in azione e in allenamento





Con Cleante Pifferi, allenatore della Reggiana Zambelli
La sua prima convocazione in Nazionale, a 14 anni. Il prossimo impegno della Nazionale è contro la Svizzera a Reggio Emilia, per le qualificazioni del Campionato Europeo (sabato 2, Raidue, 23,25)
Carolina Morace nello studio televisivo di Odeon TV dove presenta Rotocalcio.
Accanto con mamma Norina, veneziana del sestiere di Castello. Il papà, Ignazio, ufficiale di Marina, è di Catania.

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