TONY DI CICCO

di Mario Rimati

“Vacanza romana per Tony DiCicco”

Tony DiCicco, il CT piu’ vincente nella storia del soccer americano (campione del mondo nel 1991 con la nazionale femminile (preparatore dei portieri); medaglia d’oro alle Olimpiadi del 1996 (CT); campione del mondo nel 1999 contro la Cina (CT) nonché “commissioner” della WUSA americana) e’ arrivato a Roma per una settimana di vacanza con la moglie e tre dei suoi quattro figli.
Per DiCicco (di origine italiana da parte di sua madre) e’ stato la prima visita in Italia.   Ci siamo conosciuti a febbraio del 1999 quando sono andato a San Francisco come l’interprete della delegazione italiana (composta dall’ex CT Carlo Facchin, dal presidente Natalina Ceraso Levati, dal segretario Patrizia Recandio e dalla giocatrice Manuela Tesse) al sorteggio dei Mondiali del 1999 e all’amichevole tra gli USA e le All-Stars della FIFA (una squadra composta da giocatrici dalle 15 nazionali che avrebbero partecipato a USA’99. 2-0 per le All-Stars con le reti della canadese ed ex laziale Charmaine Hooper).  Ci siamo poi rivisti sia a Chicago che a Boston durante USA’99 (le americane alloggiavano nello stesso albergo dell’Italia).
Uno dei figli di Tony,  il piccolo Nicholas (presente pure lui a Roma), divento’ famoso quattro anni fa alla conclusione di USA’99 quando all’eta’ di otto anni guardo’ suo padre e disse: “Quando tornerai ad essere mio padre”? La battuta, che ando’ a finire sui quotidiani, era dovuta al fatto che in cinque anni Tony era sempre “on the road” con la sua nazionale e ben poco a casa con la famiglia (da gennaio a maggio del 1999 l’intera squadra era in ritiro ad Orlando in preparazione dei Mondiali).  Sentendo queste parole, che per Tony erano come “una freccia dritta al cuore”, diede subito le dimissioni dopo USA’99.   Probabilmente se non fosse stato per Nicholas sarebbe rimasto alla guida delle americane fino a Sydney 2000 e, secondo un suo parere, avrebbe potuto pure vincere quelle Olimpiadi (l’America arrivo’ seconda dietro il grande “nemico”, la Norvegia).

USA 99

Abbiamo anche parlato della famosa finale USA-Cina alla Rose Bowl davanti a 90.185 persone (ero presente anch’io). Sono venuto a sapere che quel giorno non erano presenti solo Bill Clinton, Jack Nicholson (il grande Nickolson e’ un tifoso dei LA Lakers della NBA. Un giornalista quel giorno gli ha chiesto, “Ma scusi signor Nickolson, che cosa fa qui ad una partita di c.f.”?  Lui: “Sono qui semplicemente perche’ amo le donne”!), Antonio Banderas e la moglie Melanine Griffith, ma anche “Mr. Terminator” Arnold Schwarzenegger, l’attuale governatore della California.  Tony mi ha raccontato un interessante episodio.  Brandi Chastain (quella che non solo segno’ il rigore vincente ma che si tolse la maglietta in segno di euforia) era una “frana” prima e durante quei Mondiali con i calci di rigore.  Era abituata a tirare con il piede destro.  E sbagliava i tiri.  Allora un giorno Tony chiese a Brandi di provare con il piede sinistro.  Alla finale Lauren Gregg, l’assistente di Tony, non voleva Brandi nella lista delle rigoriste.  In questo caso Tony prevalse con quello che (a volte) certi mister hanno: piena fiducia nei loro giocatori.  E lascio’ Brandi nella lista.  E segno’ con il piede sinistro.  Gli ho anche chiesto se era nervoso oppure emozionato durante la finale.  Pare che non lo fosse.  Era interessante anche sentire quante volte lui e la nazionale sono andati alla Casa Bianca ad incontrare il presidente degli USA dopo le Olimpiadi e i Mondiali e la “pizza party” che aveva una volta organizzato Hillary Clinton per tutta la squadra.
Dato che avevo davanti a me non solo un mito del c.f. americano ma anche uno che alleno’ per cinque anni giocatrici come Mia Hamm, Kristine Lilly (la detentrice sia maschile che femminile del maggior numero di presenze con la nazionale, circa 260) e, secondo Tony, LA piu’ grande giocatrice di tutte, la veterana Michelle Akers (secondo Tony l’unica donna veramente in grado di poter giocare insieme ai maschi), ho approfittato per chiedergli una varieta’ di cose fra una cena da Alfredo (quello delle famose fettuccine) e le visite a catacombe e musei.  Gli avevo anche mandato tempo fa la mia tesi sul c.f. americano ed italiano e quindi ero curioso di sapere un suo parere su quello che avevo scritto.

IL FLOP DELLA WUSA

Una delle prime domande che gli ho fatto era sul “flop” della WUSA, la lega professionistica femminile.  Secondo Tony, ci sono stati degli investimenti sbagliati (la WUSA conta anche sull’appoggio delle Major League Soccer (campionato maschile) e la MLS attualmente ha un deficit di circa 400 milioni di dollari) e sono state anche prese alcune decisioni sbagliate sotto il punto di vista manageriale.  Per quanto riguarda invece il calo nel numero di spettatori alle partite, secondo l’ex CT questo non ha inciso molto dato che in molte partite il calo e’ stato mediamente di 300 persone a partita (si parla di circa 6.000 spettatori ad ogni partita con un notevole incremento quanto giocava la Hamm, specialmente a Washington, DC).   Gli ho spiegato che la notizia della chiusura della WUSA ha fatto il giro dei quotidiani italiani anche perche’ molti, specialmente le giocatrici italiane, speravano un giorno di fare un salto in America a giocare. Tony e’ stato abbastanza fiducioso: mi ha svelato che c’e’ in cantiere il progetto di una nuova lega.  In assenza della WUSA molte americane giocheranno nella W-League.  Gli ho anche chiesto se secondo lui l’esercito di straniere abbia in qualche modo “danneggiato” il livello tecnico delle americane (al recente Mondiale sono arrivate terze mentre a USA’99, senza la WUSA, sono arrivate prime), dato che questo e’ spesso il discorso in Italia dove i giocatori italiani (maschi) trovano spesso poco spazio nelle squadre di Serie A dove i presidenti (come il “paron” Pozzo dell’Udinese) fanno di tutto per scovare stranieri nei quattro angoli del globo per poi metterli sul mercato a buon prezzo.  “No, secondo me una Lilly trovandosi davanti ad una Meinert (Germania) ha potuto solo migliorare la sua tecnica individuale, per non parlare dei difensori americani che hanno dovuto fermare giocatrici del calibro di una Prinz o Sissi” fu la risposta di Tony.

VITTORIE E SCONFITTE

Abbiamo avuto anche modo di parlare dell’Italia (Tony era presente alla recente partita contro gli USA quando l’Italia segno’ per primo contro l’America dopo solo 11 secondi!), della Germania campione del mondo (per Tony la Prinz dovrebbe vincere il titolo della miglior giocatrice del mondo della FIFA il 15 dicembre a Zurigo) e dell’ottimo lavoro che ha fatto finora il suo “nemico”, il norvegese Even Pellerud, CT del Canada (nel 1995 Pellerud vinse i Mondiali di Svezia con la sua Norvegia. Contro gli USA, arrivati terzi, le norvegesi fecero il “trenino” dopo la partita sotto lo sguardo (molto) amareggiato delle americane.  Per Tony e le sue ragazze la sconfitta contro le norvegesi fu una vera umiliazione, da mai dimenticarsi.  Tornarono in America con l’idea che non sarebbe state MAI piu’ umiliati in quel modo e cosi’ nel 1996 vinsero la medaglia d’oro ad Atlanta e tre anni dopo il Mondiale.  La Norvegia in quel Mondiale arrivo’ quarta dopo il Brasile e la Cina.  Era dopo Svezia 1995 che l’America torno’ con in testa una delle scene di “Terminator”: “I’ll be back”!).  Subito dopo il “disastro” del Canada a USA’99 Pellerud prese il posto del CT canadese Neil Turnbull.  Il risultato? Il Canada e’ arrivato secondo l’anno scorso (dietro l’America) ai primi Mondiali U-19 della FIFA e quest’anno e’ arrivato quarto ai Mondiali in America dietro l’America, la Svezia e la  Germania.  Dato il grande entusiasmo attorno alla nazionale canadese (“solo” 47.700 persone l’estate scorsa alla finale U-19 Canada-USA a Edmonton!) in Canada attualmente giocano piu’ di 300.000 ragazze a calcio (e la cifra senz’altro aumentera’ in vista di Atene 2004), una cifra molto lontana dalla realta’ italiana.  Con l’ottimo lavoro che Pellerud sta facendo con le canadesi c’e’ una buonissima possibilita’ che ad Atene la Hooper e C. saliranno sul podio.

CT DELLA NAZIONALE?

Durante la cena del “Thanksgiving” offerta da Tony e i suoi amici al suo albergo a Piazza del Popolo gli  ho fatto la seguente domanda: “Se la FIGC ti dovesse offrire la panchina della nazionale italiana, l‘accetteresti”?  La sua riposta? “Si’”.  Per lui (parole testuali) sarebbe “la piu’ grande sfida della mia vita” dato che l’Italia attualmente non si torva agli stessi livelli dell’America e ci sarebbe moltissimo lavoro da fare (secondo Tony, quasi tutti i genitori americani fanno giocare le loro figlie a calcio perche’ il calcio per loro viene visto come uno sport “sano”, a differenza di molti genitori italiani che ancora oggi ritengono che le loro figlie debbano giocare a sport tradizionalmente piu’ “femminili”, come il tennis o la pallavolo). Ha parlato anche di far coinvolgere le societa’ maschili. A questo punto gli ho spiegato che piu’ di una persona in Italia ha pensato di far giocare magari prima di una partita all’Olimpico la Lazio.  Gli addetti del lavoro (maschile) pero’ ritengono che le donne prima di una partita maschile potrebbero “danneggiare” il campo, cosa che Tony ha trovato alquanto ridicolo dato che mediamente una donna e’ molto piu’ leggera degli uomini e di tutte le partite che lui ha visto (e ne ha viste di partite), anche sotto la pioggia, raramente le donne hanno lasciato il campo in condizioni disastrose (come e’ gia’ successo a San Siro).

PROPOSTE DALLA CINA

Pare che siano interessati i cinesi di averlo come CT (chi meglio di lui conosce i segreti dell’America?) dato che nel 2007 ospiteranno di nuovo i Mondiali (la prima volta fu nel 1991 e se non fosse per la SARS dovevano organizzarlo pure quest’anno) e l’anno successivo ospiteranno le Olimpiadi di Beijing, un’altra ottima vetrina per mostrare al mondo il valore delle calciatrici cinesi.  Da quello che ho capito credo che se l’offerta della FIGC fosse quella “giusta”, Tony preferirebbe allenare in Italia dato che per lui, “l’Italia e’ la miglior scuola di calcio al mondo”.   Avrebbe (forse) anche dalla sua parte il presidente Carraro dato che in piu’ di un’occasione ha detto pubblicamente che ammira il modello americano del c.f.

WINNING MENTALITA'

Per Tony una delle sfide sarebbe quella di cambiare un po’ la mentalita’ che distingue l’Italia dall’America, quello che le americane chiamano la “winning mentalità”, cioe’ “lotta, lotta e lotta senza mai fermarti”.  Un esempio di questa mentalita’ l’ho vista e l’ho raccontata a Tony. Ero a marzo di quest’anno alla Coppa Algarve in Portogallo.  Stavo a bordo campo durante la partita Norvegia-USA (il bello della CA e’ che c’e’ pocchissima sicurezza e puoi praticamente entrare in campo a giocare con le ragazze).  Ricordiamoci che non c’e’ un grande “feeling” tra le due nazioni dato che finora la Norvegia detiene un piccolo record nei confronti dell’America: e’ l’unica nazione al mondo che puo’ vantarsi di averla battuta piu’ volte.  Nessun altro e’ finora riuscito a farlo, neanche la Cina.  Ad un certo punto la Lilly, con le spalle verso la porta norvegese, riceve il pallone.  Da dietro arriva una norvegese che letteralmente le spazza via le gambe.  Era senz’altro un brutto fallo.  La Lilly cade perfettamente orizzontalmente sulla schiena. Mentre va giu’ non dice assolutamente niente. Neanche una parola.  Rimane per terra per circa due-tre secondi, si alza come niente fosse e dato che era chiaro che c’era un fallo contro la Norvegia, corre verso la porta aspettando il calcio di punizione da una sua compagna.  Questa scena mi dimostro’ due cose fondamentali: la prima e’ che per “abbattere” le americane ci vuole un bazooka (questo era anche un’osservazione anni fa dell’ex CT Sergio Guenza) e secondo, se la stessa scena fosse successo ad una giocatrice italiana, non solo l’avremmo sentito bestemmiare fino a Roma, ma sarebbe entrato in campo la solita barella con pianti e urla.  Dispiace dirlo per gli addetti del lavoro (e pure per le giocatrici) ma questo e’ uno delle cose principali che distingue il gioco americano (cosiddetto “duro”) da quello italiano.

CALCIO ALL'ITALIANA

Il terzo esempio che ho dato a Tony, e questo non lo sa perche’ non ha mai allenato il c.f. in Italia, e’ quello che mi e’ successo recentemente da allenatore di una nuovissima squadra di c.f. nel nord del paese (una squadra gestita da una persona che ripetutamente mi ha detto “Io di calcio non capisco niente”!). Al primo allenamento mi sono presentato alle ragazze. Ho fatto il giro della squadra per conoscere il loro background calcistico. Per me e’ fondamentale per capire se hanno fatto anche altri sport, come magari l’atletica leggera.  Arrivo a Maria (il nome e’ stato cambiato per proteggere il colpevole), una ragazza di diciassette anni.  Le chiedo (presumendo di sapere gia’ la risposta) “Che fai nella vita, studi”?  “No” risponde Maria.  Allora le chiedo “Se non studi allora lavori”?  “No” risponde Maria.  “Se non studi e non lavori allora che cosa fai tutto il giorno”? “Dormo” mi risponde Maria con una mezza risata.  Il risultato di Maria che dormiva tutta il giorno? Dopo qualche allenamento di diversi scatti si “strappo’” il muscolo della coscia.  Come ho cercato di spiegare a Tony, la giovane Maria non aiutera’ necessariamente l’Italia a vincere i Mondiali e neppure le Olimpiadi, ma con una mentalita’ talmente “perdente” come la sua (pigra piu’ che altro), come puo’ pretendere un CT di trovare le nuove Panico o Guarino?  Aggiungiamo a tutto questo un dirigente che, allarmato dei metodi di allenamento alquanto “duri” (poverino, era allarmato perche’ la piccola Maria, una fumatrice tra l’altro di un pacchetto di sigarette al giorno, non riusciva a reggere ai miei ritmi), mi disse di “andare un po’ piano con gli allenamenti perche’ sono un po’ massacranti”?  Massacranti? Prima di tutto in sette corsi per allenatori che ho finora seguito in Italia non ho MAI avuto un istruttore che mi abbia detto che gli allenamenti debbano essere necessariamente “massacranti”, compreso quello che ho fatto con Buso, Tancredi e Zampa (Udinese) al corso per allenatori dei portieri.  La conferma l’ho avuta (che gli allenamenti NON erano massacranti) da tre giocatrici che non hanno giocato a calcio in Italia ma all’estero. Da dove provengono.  Per loro gli allenamenti andavano piu’ che bene.  Anzi, non erano abbastanza “duri”. Invece per una ragazzina di diciassette anni (la piccola Maria non aveva tempo durante l’arco di una giornata di andare a farsi una bella corsa con il Walkman e Robbie Williams?) ho dovuto tirare indietro perche’ qualche dirigente mi metteva i bastoni fra le ruote.  E con questa mentalita’ l’Italia pretende di battere un’America oppure una Germania (altra super potenza mondiale del c.f. che non guarda in faccia proprio a nessuno)?
Ho usato l’episodio di Maria per sottolineare quello che Tony ha descritto nel suo ultimo libro, “Catch them being good”, che e’ a  quest’età (se non molto prima) che le ragazze devono essere “impostate” nel modo corretto.  Figuriamoci che nella NCCA americana (il campionato universitario) non solo e’ una rarita’ vedere una giocatrice fumare (al campo della Roma femminile un giorno ho visto una giocatrice, gia’ cambiata, rientrare nello spogliatoio prima della partita con una sigaretta in mano!) ma e’ vietato fumare perfino sugli spalti tra gli spettatori.  Un’altra differenza fra le due scuole e’ che le americane non solo sono prima atlete e poi calciatrici (spesso e’ vice versa in Italia) ma lavorano anche MOLTO per conto loro.  Che scuse ha invece una Maria che non fa altro che dormire?  Ho anche spiegato a Tony che purtroppo in molte societa’, specialmente quelle della Serie C, molti allenatori non hanno neanche il patentino e il management e’ un po’ il “fai da te” del calcio. Un altro esempio e’ stato il pre-campionato di questa squadra che ho allenato. Per ben undici allenamenti prima dell’inizio del campionato (il 5 ottobre) non ho MAI avuto piu’ di 7 giocatrici, eppure i dirigenti continuavano a dirmi che “le ragazze arriveranno”.  Qualche domenica fa erano scese in campo in dieci per poi rimanere in nove per via di un infortunio. E da quello che sento (ho lasciato la squadra prima dell’inizio del campionato per evitare le figuracce) ancora oggi NON si presentano piu’ di 7-8 giocatrici.

SALUTI

Io e Tony ci siamo lasciati dopo qualche birra nel bar del suo albergo.  Senz’altro quando avro’ tempo cerchero’ di fare un salto in America (nel Connecticut dove vive) a seguire uno dei suoi corsi (gestisce da molti anni la sua scuola dei portieri), oppure (forse) un giorno lo rivedro’ in Italia.  Magari da CT.



Nella foto in alto Mario Rimati con Tony Di Cicco al Colosseo. Nella  foto qui sopra Tony Di Cicco, Mario Rimati e Dave Shaw (ultimo a destra). Dave era presente insieme a Mark Krekorian, il mister della squadra di Philadelphia della WUSA, durante le trattative per la Panico. Secondo Dave, la Lazio aveva chiesto 100.000 dollari, un po’ troppo per gli americani.