Prima
che cominciamo a parlare di Mia, ci potete spiegare il rapporto speciale
che avete con l'Italia e con il calcio?
Eccetto il fatto che Bill ha due zii italoamericani, non abbiamo mai
avuto nessun tipo di rapporto con l'Italia fino al 1973. Bill vinse una
borsa di studio per frequentare la facoltà di scienze politiche
all'Università di Firenze per due anni. Avevamo trascorso
due magnifici anni in quella città, dal 1973 fino al 1975. Arrivarono
tre figli: la più grande, Tiffany, andò alla scuola elementare
italiana, Lovdy, la seconda, andò all'asilo e Mia, la più
giovane (aveva 1 anno e 4 mesi quando arrivammo in Italia) segui' Lovdy.
Per via di questa immersione culturale, entrambi Tiffany e Lovdy
erano bilingue. Mia invece era di madre lingua italiana ed era forzata
ad imparare l'inglese a casa. Lasciammo l'Italia nel 1975 e non ritornammo
fino al 1989 quando Bill lavoro' come addetto all'aviazione dell'Ambasciata
USA a Roma. Nessuna delle tre ragazze erano ancora a casa con noi, ma avevamo
con noi due figli più giovani, Caroline e Martin. Dopo 3 anni vissuti
a Roma, ci siamo trasferiti a Napoli dove entrambi lavorammo alla base
NATO a Bagnoli. Abbiamo passato più di 8 anni in Italia, e ci e'
sempre dispiaciuto dover andare via. Il legame di Bill al calcio risale
al 1973 quando era diventato un abbonato alla Fiorentina. In 2 anni non
perse mai una partita giocata in casa, e spesso dovevamo organizzare le
nostre visite domenicali agli amici attorno alle partite. Al nostro
rientro negli Stati Uniti, Bill comincio' ad allenare le squadre giovanili.
Più' tardi divento' un arbitro nei campionati giovanili ed adulti.
Questo si sviluppo' maggiormente al nostro rientro alla base di Napoli
quando Bill arbitro' le partite del campionato della NATO.
Mia e' la quarta figlia di sei figli. Dove, quando e come comincio'
a giocare a calcio?
Non ci siamo mai accorti che Mia avesse un dono speciale per
gli sport, ma eravamo riusciti invece a notare un parte molto tenace in
lei a Firenze. Andavamo spesso a fare il picnic con le ragazze le domeniche.
Se eravamo li o al parco vicino alla Fortezza, Mia cercava sempre di infilarsi
nelle partitelle di calcio che i padri organizzavano con i figli. Dopo
diversi "Mi dispiace" prima o poi invitavano Mia a partecipare nelle
loro partite. Si divertiva molto. Mia fu introdotta formalmente
al calcio a Wichita Falls, nel Texas, nella primavera del 1978 quando fece
parte nel campionato di calcio della città. Tutto questo era successo
perché suo fratello maggiore, Garrett, stava giocando già
da alcuni anni ed era piuttosto bravo, e Bill era un arbitro ed allenatore.
Quindi, diciamo che per gli ultimi 20 anni, Mia ha giocato continuamente
a calcio eccetto per un periodo (mezza stagione) quando pensava di soffrire
di burn-out (n.b. una sindrome sofferta da molti giovani quando
lo sport diventa troppo stressante).
Avete altri figli che giocano a calcio?
Tutti i figli Hamm hanno giocato a calcio per diversi anni. Nostro
figlio più grande, Garrett, era stato il primo a farsi coinvolgere
completamente, pero' partecipo' anche a altri sport (baseball, football
americano e pallacanestro). La più grande delle figlie, Tiffany,
aveva la stessa passione per il calcio come Mia, ma non ebbe le stesse
possibilità di giocare a calcio. Gli altri, Lovdy, Caroline e Martin,
hanno giocato a calcio durante diversi periodi nella loro vita. Mia, Tiffany
e Caroline sono le uniche che tuttora giocano.
Mia ha giocato per diversi anni all'Universita' del North Carolina.
Com'era riuscita a giocare a calcio e studiare allo stesso tempo?
Non si e' anche laureata?
Mentre stava alla UNC, Mia aveva scoperto molto presto che lo studio
serio ed i buoni voti erano necessari per poter giocare con la squadra
universitaria. Nel primo anno di università doveva fare dei corsi
serali se non rischiava di rimanere fuori dalla rosa. I regolamenti della
NCAA americana sono molto severi per quanto riguarda partecipare allo sport.
Purtroppo dovette rinunciare agli studi un semestre durante l'autunno del
1991 per poter concentrare sul campionato mondiale femminile in Cina di
quell'anno. Aveva riflettuto a lungo su questa decisione perché
sapeva che non poteva dedicarsi sufficientemente con successo ad entrambi
le cose. Mia si laureò nel maggio 1994 in scienze politiche.
Le numerose vittorie alla UNC, i premi MVP (Most Valuable Player
cioe` miglior giocatore), la vittoria nel mondiale del 1991 e la medaglia
d'oro ad Atlanta nel 1996. Come vi sentite a vedere Mia salire sempre
sul podio?
Tutta la famiglia e' contenta per lei. E' sempre bello vedere qualcuno
realizzare i suoi sogni, i sogni che si sono avverati come risultato di
tantissimo lavoro. E' bellissimo veder premiato la sua etica lavorativa
ed il suo impegno.
Mia e' diventata molto seguita in America e in altri paesi, grazie
anche alla diffusione mondiale dell'Internet. Nel numero di autunno
del 1997 del Sports Illustrated Women Sport c'e' un accenno al fatto
che Mia e' anche timida. E' diversa in campo? Come riesce lei e l'intera
famiglia ha sopportare tutta l'attenzione e fama?
Mia e' molto timida, e come ha detto prima, e' riuscita ad uscirne
sul campo. Era diventa una giocatrice espansiva, mentre quando non
stava giocando, era rinchiusa e poco disposta ad accettare i complimenti.
La sua prestazione sul campo e' l'opposto del suo comportamento una volta
fuori dal campo. E' una giocatrice molto spinta che a volte sembra di portare
il peso intero della squadra sulle spalle durante la partita. E' una dei
leader della squadra ed esige tanto da se stesso quanto dalle altre compagne.
Come saprai, non e' uno dei vice capitani, ma puo' influire molto sul gioco
e sull'adattamento delle nuove giocatrici.
Pensate che la stampa americana dia un aiuto al calcio femminile
(a differenza di quella italiana)?
Dipende. La rivista sportiva settimanale Sports Illustrated
da` poco spazio al calcio, almeno che non succeda qualche cosa di veramente
grande (per esempio, la nazionale americana maschile che batte il Brasile
durante una partita importante). Le riviste specializzate come Soccer
America dedicano pochissime righe a questo sport.
Mia ha giocato contro alcune delle più brave giocatrici al
mondo. Quali giocatrici considera le più forti?
Sappiamo che considerava Carolina Morace, quando era più giovane,
una giocatrice forte e pericolosa. Come divento' più vecchia e la
squadra non poteva continuamente passarle il pallone, divento' meno rischiosa.
Eppure, anche anni dopo, per esempio durante le finali della USA Cup '97
a Washington DC, Carolina, anche se tocco' poco il pallone, era ancora
un elemento pericoloso. Aveva anche un gran rispetto per i componenti della
sua squadra, come Kristine Lilly e Joey Fawcett. Anche noi siamo
d'accordo con lei. Se non stiamo personalmente facendo il tifo per Mia,
tifiamo per le altre. Pensiamo entrambi che Joey era la MVP delle finali
delle Olimpiadi.
Molti
grandi giocatori come Ronaldo e Van Basten si sono lamentati dei falli
da dietro. E' stata anche Mia vittima del gioco duro e pensate che gli
arbitri non sono abbastanza severi con i falli?
Sicuramente, e da` la colpa al pessimo arbitraggio per tutti i falli
che riceve (eccetto il primo). L'incontro contro il Canada per esempio
durante il torneo USA'97 Cup dimostro' per esempio fino a che punto gli
avversari arrivano per poter fermarla (non funziono' - segno' tre volte
nel secondo tempo). Gli statistici avevano notato sei falli da parte del
Canada alla fine del primo tempo, e cinque erano contro Mia (tutti da difensori
che la marcavano, senza naturalmente un cartellino giallo). Mia non e'
l'unica che subisce questi attacchi; altre stelle della squadra
vengono martellate durante gli incontri. Le e' stato detto dagli arbitri,
"Alzati. Sei una stella, quindi devi accettare di essere malmenata."
Incredibile, non ti pare? La squadra odia fare una partita (il torneo della
CONCACAF per esempio) contro una squadra evidentemente inferiore. Il risultato
e' spesso una valanga di falli e gioco duro da parte degli
avversari che non possono competere a livello tecnico o fisico. L'unico
ricorso possibile e' commettere i falli, e gli arbitri fischiano poco.
Mia, insieme alle compagne di squadra, crede che gli arbitri femminili
spesso sono poco disposti a far rispettare le regole del gioco e di tenere
sotto controllo i falli. Sara' forse perché non vogliono sembrare
troppo severe, o sarà anche perché molte sono arrivate in
quella posizione per motivi politici da parte delle federazioni nazionali
che vogliono promuovere donne arbitri, qualificate e non qualificate. Oggi,
il controllo del gioco e' sicuramente un punto debole sia nel calcio femminile
che in quello maschile. Gli avvertimenti di Sepp Blatter spesso non vengono
ascoltati.
Da un punto di vista tecnico, quale allenatore, o persona, ha aiutato
di piu' la carriera di Mia: Anson Dorrance (l'allenatore dell'UNC ed ex
CT della nazionale americana campione del mondo nel 1991), Tony DiCicco
o qualcun'altro?
L'individuo che ha più aiutato e' stato probabilmente Anson
Dorrance, l'allenatore di Mia nella nazionale fino all'estate del 1994
ed il suo allenatore all'UNC dal 1989 fino al 1993. Si era reso subito
conto che Mia possedeva un raro talento che aveva solo bisogno di essere
un po' perfezionato. Diede a Mia la testa per il gioco che doveva andare
insieme con il corpo e il cuore. Riuscì a farla diventare una giocatrice
che ragionava e che poteva superare un avversario con tecnica e sottigliezza
insieme alla pura velocità e potenza.
Il CT della Germania e' una donna. Qual'e' l'opinione di Mia
per quanto riguarda le allenatrici?
Tutto quello che Mia desidera e' che l'allenatore sia bravo/a ad allenare,
indifferentemente se e' uomo o donna.
Stephanie,
mi hai detto una volta che Mia disse la seguente cosa per quanto riguarda
gli allenamenti: "Allenaci nello stesso modo in cui lo faresti con gli
uomini, solo trattataci in un modo diverso". Sarebbe questa la chiave
per molti allenatori per poter allenare con successo le donne?
Definitivamente. L'unico allenatore che ho sentito parlare del suo
approccio verso le donne e' stato Anson Dorrance. Sono pienamente d'accordo
con la sua filosofia di allenare. Non stiamo parlando di essere piu' dolci
con le donne. Anzi, non stiamo solo parlando di farle venire su come individui,
ma anche di farle diventare parte della squadra che da un sostengo all'intero
sistema di cui hanno bisogno per poter migliorarsi. Devono anche sentire
che stanno contribuendo qualche cosa per il miglioramento della squadra
e delle giocatrici. Credo che allenare i bambini ed i giovani sia molto
diverso da allenare gli atleti professionisti. Forse gli allenatori dei
professionisti avrebbero molto da imparare dai dilettanti. Non stiamo parlando
di presentare un prodotto, stiamo parlando di produrre un intero essere
umano. In quei programmi, sia regionali che nazionali, che non vedono nei
loro giocatori una persona giovane che ama voler raggiungere i limiti di
quello che puo' fare il suo corpo o di voler battere l'avversario, manca,
in gran parte, l'opportunita' di far sviluppare l'intera persona. Spesso,
in molti sport maschili, i giocatori piu' importanti si montano la testa,
dando questa immagine di esseri superiori agli altri. Pero' tra le donne,
grazie a delle persone come Mia, Kristine Lilly, Julie Foudy e altre, non
c'e' la spinta verso un comportamento egoista sul campo e neanche fuori
dal campo.
Mia e' ora sposata. Come riesce a fare tutto: la compagna,
i viaggi, gli appuntamenti, gli sponsor e la nazionale? La vedete
molto spesso?
Spesso vive tra una valigia e l'altra. Ne prepara due. Va via per il
primo viaggio, si ferma a casa per abbastanza tempo giusto per vedere suo
marito, Christian, poi prende un'altra valigia con i vestiti puliti, e
parte per il prossimo appuntamento. Fortunatamente suo marito la vede spesso
alle manifestazioni lontane da casa. Noi la vediamo nel Texas 3 o 4 volte
all'anno.
Mia ha ora raggiunto piu' di 141 presenze in nazionale (81 goal).
Sta puntando sicuramente sul Mondiale del 1999 in America e sulle Olimpiadi
di Sydney nel 2000. Dove andra' dopo? Allenera' o magari vorra' diventare
un dirigente?
Dopo i Mondiali e le Olimpiadi crediamo che Mia appendera' gli scarpini
al chiodo, pero' puo' essere che avra' ancora la grinta per continuare.
Nel 2000 avra' 28 anni e vorra' forse mettere su famiglia. La sua risposta
alla domanda di allenare, e noi crediamo che sarebbe una brava allenatrice,
e' che non pensa che abbia lo stile di comportamento necessario per essere
una grande allenatrice. E sappiamo che non si rassegnerebbe mai ad essere
una mediocre.
Pensate che Mia e le compagne siano soddisfatte con il progresso
che il calcio femminile ha fatto finora nel mondo? Si puo' fare di
piu'?
Non sono mai soddisfatte del progresso del calcio femminile a livello
mondiale. Ci vogliono piu' possibilita' per le donne e il calcio femminile
(e tutti gli sport femminili). E' un fatto che deve essere accettato in
tutto il mondo.
Tempo fa l'intera famiglia ha passato un periodo molto difficile
con la morte di Garrett. Nel caso di Mia, Garrett si ammalò
piu' o meno durante il tempo delle Olimpiadi. Deve aver un'incredibile
forza interiore. Come ha potuto rimanere cosi' concentrata sulla partita
e che cosa l'ha aiutata ad andare avanti?
B&S: Nostro figlio Garrett mori' in aprile del 1997 dopo le Olimpiadi.
L'intera famiglia ando' in Florida per il girone preliminare e ad Athens,
Georgia per le semi finali e la finale. Garrett stava con noi a fare il
tifo per Mia. Infatti, era stato Garrett quello che aveva coinvolto
Mia nel calcio molti anni fa. Era stato lui per primo che aveva abbracciato
Mia come stava uscendo dal pullman della nazionale dopo la finale. In 1997,
dopo la morte di Garrett, Mia manco' le prime due partite della Nike Tour,
un tour di 8 partite della nazionale USA vincitrice della medaglia d'oro.
Raggiunse la squadra per le ultime 6 partite. Era riuscita a rimanere
concentrata dedicando le partite a suo fratello. Gioco' per due persone,
e siamo sicuri che Garrett sarebbe stato molto contento della sua prestazione.
Le piacerebbe nel futuro giocare all'estero?
Non ha nessun piano nell'immediato futuro di giocare all'estero.
Per quelle ragazze giovani (e non cosi' giovani) nel calcio femminile,
che cosa pensate che potrebbe essere il miglior consiglio che Mia possa
dare per poter migliorare il proprio livello di gioco?
A Mia piace usare l'esempio dell'interruttore della luce quando sta
parlando con le ragazze piu' giovani sul discorso di migliorare le proprie
prestazioni. Puoi avere la tecnica individuale, la capacita' e l'energia
e le caratteristiche fisiche, ma a volte hai solamente bisogno di lavorare
tantissimo. Ad un certo punto, devi solo accendere quell'interruttore della
luce per poter accendere la luce dei tuoi sogni e del tuo futuro. Direbbe
anche che non dovresti mai essere soddisfatto del tuo livello di prestazione.
Puoi sempre migliorare, e hai bisogno di LAVORARE.
Avete entrambi un'idea generale sul calcio femminile in Italia. Quali
sono secondo voi alcuni dei maggiori problemi che affliggono l'Italia e
che cosa si potrebbe fare per migliorare la situazione?
Come la vediamo noi, il maggior problema con il calcio femminile italiano
e' che la donna italiana non e' considerata come un'atleta. La donna
italiana rappresenta la bellezza, la casalinga, la madre e la moglie. Se
non fosse per il fatto che il calcio coinvolge quasi completamente la vita
del maschio italiano, le donne nel calcio sarebbero forse più' accettate
nella vita. Conosciamo diverse donne giovani che sono coinvolte in
altri sport in Italia e che ricevano un certo riconoscimento per i loro
successi. Ma questo avviene solo perche' le loro discipline non sono
dominate dallo sport maschile come lo e' il calcio in Italia. Vedendo che
il calcio femminile in Italia e' spesso visto con disprezzo, mancano di
conseguenza i fondi, gli allenatori e il management. Ci sono diverse persone
in Italia che si sono molto dedicate al calcio femminile e che lo capiscono
e lo vogliono veder crescere, ma sono ben pochi purtroppo. Anche quelli
che sono molto appassionati spesso incontrano dei muri di gomma
oppure trovano delle societa' che si rifiutano di pagarli. Noi per esempio
in America abbiamo lo stesso numero di spettatori alle partite di Under
12 femminili che voi avete per le partite di Serie C.
Il calcio ha portato a Mia la fama e anche una certa sicurezza economica.
Pensate che c'e' qualche cosa nella sua vita che vorrebbe cambiare?
Mia darebbe indietro tutta la sua fama e ricchezza per aver tra noi
suo fratello Garrett.
Vi pare che la descrizione di Mia da parte di Anson Dorrance sia
giusta: "Un campione e' qualcuno che si sta piegando in due dalla stanchezza
quando nessun'altro sta guardando"?
Si', sicuramente. Come abbiamo detto prima. Mia e' un'atleta che spinge
moltissimo per arrivare alla perfezione nella sua disciplina. Non lo fa
per motivi personali o per avere qualche riconoscimento personale; lo fa
per il bene dell'intera squadra. Tutti nella squadra giocano per
aiutarsi e nessuno si tira indietro. Quelle che non si allenano da sole
durante i ritiri non rimangano molto con la squadra.
Per concludere, se ci fosse una sola parola per descrivere Mia, quale
sarebbe?
Tenace.
* Mia ha dato anche il suo contribuito a questa intervista.