INTERVISTA CON BILL E STEPHANIE HAMM,

(I GENITORI DI MIA HAMM, STELLA DELLA NAZIONALE USA*)

di Mario Rimati

MARZO 1998

Prima che cominciamo a parlare di Mia, ci potete spiegare il rapporto speciale che avete con l'Italia e con il calcio?
Eccetto il fatto che Bill ha due zii italoamericani, non abbiamo mai avuto nessun tipo di rapporto con l'Italia fino al 1973. Bill vinse una borsa di studio per frequentare la facoltà di scienze politiche all'Università di  Firenze per due anni. Avevamo trascorso due magnifici anni in quella città, dal 1973 fino al 1975. Arrivarono tre figli: la più grande, Tiffany, andò alla scuola elementare italiana, Lovdy, la seconda, andò all'asilo e Mia, la più giovane (aveva 1 anno e 4 mesi quando arrivammo in Italia) segui' Lovdy. Per via di questa immersione culturale, entrambi Tiffany e Lovdy erano bilingue. Mia invece era di madre lingua italiana ed era forzata ad imparare l'inglese a casa. Lasciammo l'Italia nel 1975 e non ritornammo fino al 1989 quando Bill lavoro' come addetto all'aviazione dell'Ambasciata USA a Roma. Nessuna delle tre ragazze erano ancora a casa con noi, ma avevamo con noi due figli più giovani, Caroline e Martin. Dopo 3 anni vissuti a Roma, ci siamo trasferiti a Napoli dove entrambi lavorammo alla base NATO a Bagnoli. Abbiamo passato più di 8 anni in Italia, e ci e' sempre dispiaciuto dover andare via. Il legame di Bill al calcio risale al 1973 quando era diventato un abbonato alla Fiorentina. In 2 anni non perse mai una partita giocata in casa, e spesso dovevamo organizzare le nostre visite domenicali agli amici attorno alle partite.  Al nostro rientro negli Stati Uniti, Bill comincio' ad allenare le squadre giovanili. Più' tardi divento' un arbitro nei campionati giovanili ed adulti. Questo si sviluppo' maggiormente al nostro rientro alla base di Napoli quando Bill arbitro' le partite del campionato della NATO.

Mia e' la quarta figlia di sei figli. Dove, quando e come comincio' a giocare a calcio?
Non ci siamo mai accorti che Mia avesse un dono speciale per gli sport, ma eravamo riusciti invece a notare un parte molto tenace in lei a Firenze. Andavamo spesso a fare il picnic con le ragazze le domeniche. Se eravamo li o al parco vicino alla Fortezza, Mia cercava sempre di infilarsi nelle partitelle di calcio che i padri organizzavano con i figli. Dopo diversi "Mi dispiace" prima o poi invitavano Mia a partecipare nelle loro partite.  Si divertiva molto. Mia fu introdotta formalmente al calcio a Wichita Falls, nel Texas, nella primavera del 1978 quando fece parte nel campionato di calcio della città. Tutto questo era successo perché suo fratello maggiore, Garrett, stava giocando già da alcuni anni ed era piuttosto bravo, e Bill era un arbitro ed allenatore. Quindi, diciamo che per gli ultimi 20 anni, Mia ha giocato continuamente a calcio eccetto per un periodo (mezza stagione) quando pensava di soffrire di burn-out (n.b. una sindrome sofferta da molti giovani quando lo sport diventa troppo stressante).

Avete altri figli che giocano a calcio?
Tutti i figli Hamm hanno giocato a calcio per diversi anni. Nostro figlio più grande, Garrett, era stato il primo a farsi coinvolgere completamente, pero' partecipo' anche a altri sport (baseball, football americano e pallacanestro). La più grande delle figlie, Tiffany, aveva la stessa passione per il calcio come Mia, ma non ebbe le stesse possibilità di giocare a calcio. Gli altri, Lovdy, Caroline e Martin, hanno giocato a calcio durante diversi periodi nella loro vita. Mia, Tiffany e Caroline sono le uniche che tuttora giocano.

Mia ha giocato per diversi anni all'Universita' del North Carolina. Com'era riuscita a giocare a calcio e studiare allo stesso tempo?  Non si e' anche laureata?
Mentre stava alla UNC, Mia aveva scoperto molto presto che lo studio serio ed i buoni voti erano necessari per poter giocare con la squadra universitaria. Nel primo anno di università doveva fare dei corsi serali se non rischiava di rimanere fuori dalla rosa. I regolamenti della NCAA americana sono molto severi per quanto riguarda partecipare allo sport. Purtroppo dovette rinunciare agli studi un semestre durante l'autunno del 1991 per poter concentrare sul campionato mondiale femminile in Cina di quell'anno. Aveva riflettuto a lungo su questa decisione perché sapeva che non poteva dedicarsi sufficientemente con successo ad entrambi le cose. Mia si laureò nel maggio 1994 in scienze politiche.

Le numerose vittorie alla UNC, i premi MVP (Most Valuable Player cioe` miglior giocatore), la vittoria nel mondiale del 1991 e la medaglia d'oro ad Atlanta nel 1996.  Come vi sentite a vedere Mia salire sempre sul podio?
Tutta la famiglia e' contenta per lei. E' sempre bello vedere qualcuno realizzare i suoi sogni, i sogni che si sono avverati come risultato di tantissimo lavoro. E' bellissimo veder premiato la sua etica lavorativa ed il suo impegno.

Mia e' diventata molto seguita in America e in altri paesi, grazie anche alla diffusione mondiale dell'Internet.  Nel numero di autunno del 1997 del Sports Illustrated Women Sport c'e' un accenno al fatto che Mia e' anche timida.  E' diversa in campo? Come riesce lei e l'intera famiglia ha sopportare tutta l'attenzione e fama?
Mia e' molto timida, e come ha detto prima, e' riuscita ad uscirne sul campo. Era diventa una giocatrice espansiva, mentre quando non stava giocando, era rinchiusa e poco disposta ad accettare i complimenti. La sua prestazione sul campo e' l'opposto del suo comportamento una volta fuori dal campo. E' una giocatrice molto spinta che a volte sembra di portare il peso intero della squadra sulle spalle durante la partita. E' una dei leader della squadra ed esige tanto da se stesso quanto dalle altre compagne.  Come saprai, non e' uno dei vice capitani, ma puo' influire molto sul gioco e sull'adattamento delle nuove giocatrici.

Pensate che la stampa americana dia un aiuto al calcio femminile (a differenza di quella italiana)?
Dipende. La rivista sportiva settimanale Sports Illustrated da` poco spazio al calcio, almeno che non succeda qualche cosa di veramente grande (per esempio, la nazionale americana maschile che batte il Brasile durante una partita importante). Le riviste specializzate come Soccer America dedicano pochissime righe a questo sport.

Mia ha giocato contro alcune delle più brave giocatrici al mondo. Quali giocatrici considera le più forti?
Sappiamo che considerava Carolina Morace, quando era più giovane, una giocatrice forte e pericolosa. Come divento' più vecchia e la squadra non poteva continuamente passarle il pallone, divento' meno rischiosa.  Eppure, anche anni dopo, per esempio durante le finali della USA Cup '97 a Washington DC, Carolina, anche se tocco' poco il pallone, era ancora un elemento pericoloso. Aveva anche un gran rispetto per i componenti della sua squadra, come Kristine Lilly e Joey Fawcett.  Anche noi siamo d'accordo con lei. Se non stiamo personalmente facendo il tifo per Mia, tifiamo per le altre. Pensiamo entrambi che Joey era la MVP delle finali delle Olimpiadi.

Molti grandi giocatori come Ronaldo e Van Basten si sono lamentati dei falli da dietro. E' stata anche Mia vittima del gioco duro e pensate che gli arbitri non sono abbastanza severi con i falli?
Sicuramente, e da` la colpa al pessimo arbitraggio per tutti i falli che riceve (eccetto il primo). L'incontro contro il Canada per esempio durante il torneo USA'97 Cup dimostro' per esempio fino a che punto gli avversari arrivano per poter fermarla (non funziono' - segno' tre volte nel secondo tempo). Gli statistici avevano notato sei falli da parte del Canada alla fine del primo tempo, e cinque erano contro Mia (tutti da difensori che la marcavano, senza naturalmente un cartellino giallo). Mia non e' l'unica che subisce questi attacchi; altre stelle della squadra vengono martellate durante gli incontri. Le e' stato detto dagli arbitri, "Alzati. Sei una stella, quindi devi accettare di essere malmenata." Incredibile, non ti pare? La squadra odia fare una partita (il torneo della CONCACAF per esempio) contro una squadra evidentemente inferiore. Il risultato e' spesso una  valanga di falli e gioco duro da parte degli avversari che non possono competere a livello tecnico o fisico. L'unico ricorso possibile e' commettere i falli, e gli arbitri fischiano poco. Mia, insieme alle compagne di squadra, crede che gli arbitri femminili spesso sono poco disposti a far rispettare le regole del gioco e di tenere sotto controllo i falli. Sara' forse perché non vogliono sembrare troppo severe, o sarà anche perché molte sono arrivate in quella posizione per motivi politici da parte delle federazioni nazionali che vogliono promuovere donne arbitri, qualificate e non qualificate. Oggi, il controllo del gioco e' sicuramente un punto debole sia nel calcio femminile che in quello maschile. Gli avvertimenti di Sepp Blatter spesso non vengono ascoltati.

Da un punto di vista tecnico, quale allenatore, o persona, ha aiutato di piu' la carriera di Mia: Anson Dorrance (l'allenatore dell'UNC ed ex CT della nazionale americana campione del mondo nel 1991), Tony DiCicco o qualcun'altro?
L'individuo che ha più aiutato e' stato probabilmente Anson Dorrance, l'allenatore di Mia nella nazionale fino all'estate del 1994 ed il suo allenatore all'UNC dal 1989 fino al 1993. Si era reso subito conto che Mia possedeva un raro talento che aveva solo bisogno di essere un po' perfezionato. Diede a Mia la testa per il gioco che doveva andare insieme con il corpo e il cuore. Riuscì a farla diventare una giocatrice che ragionava e che poteva superare un avversario con tecnica e sottigliezza insieme alla pura velocità e potenza.

Il CT della Germania e' una donna. Qual'e' l'opinione di Mia  per quanto riguarda le allenatrici?
Tutto quello che Mia desidera e' che l'allenatore sia bravo/a ad allenare, indifferentemente se e' uomo o donna.

Stephanie, mi hai detto una volta che Mia disse la seguente cosa per quanto riguarda gli allenamenti: "Allenaci nello stesso modo in cui lo faresti con gli uomini, solo trattataci in un modo diverso". Sarebbe questa la chiave per molti allenatori per poter allenare con successo le donne?
Definitivamente. L'unico allenatore che ho sentito parlare del suo approccio verso le donne e' stato Anson Dorrance. Sono pienamente d'accordo con la sua filosofia di allenare. Non stiamo parlando di essere piu' dolci con le donne. Anzi, non stiamo solo parlando di farle venire su come individui, ma anche di farle diventare parte della squadra che da un sostengo all'intero sistema di cui hanno bisogno per poter migliorarsi. Devono anche sentire che stanno contribuendo qualche cosa per il miglioramento della squadra e delle giocatrici. Credo che allenare i bambini ed i giovani sia molto diverso da allenare gli atleti professionisti. Forse gli allenatori dei professionisti avrebbero molto da imparare dai dilettanti. Non stiamo parlando di presentare un prodotto, stiamo parlando di produrre un intero essere umano. In quei programmi, sia regionali che nazionali, che non vedono nei loro giocatori una persona giovane che ama voler raggiungere i limiti di quello che puo' fare il suo corpo o di voler battere l'avversario, manca, in gran parte, l'opportunita' di far sviluppare l'intera persona. Spesso, in molti sport maschili, i giocatori piu' importanti si montano la testa, dando questa immagine di esseri superiori agli altri. Pero' tra le donne, grazie a delle persone come Mia, Kristine Lilly, Julie Foudy e altre, non c'e' la spinta verso un comportamento egoista sul campo e neanche fuori dal campo.

Mia e' ora sposata.  Come riesce a fare tutto: la compagna, i viaggi, gli appuntamenti, gli sponsor e la nazionale?  La vedete molto spesso?
Spesso vive tra una valigia e l'altra. Ne prepara due. Va via per il primo viaggio, si ferma a casa per abbastanza tempo giusto per vedere suo marito, Christian, poi prende un'altra valigia con i vestiti puliti, e parte per il prossimo appuntamento. Fortunatamente suo marito la vede spesso alle manifestazioni lontane da casa. Noi la vediamo nel Texas 3 o 4 volte all'anno.

Mia ha ora raggiunto piu' di 141 presenze in nazionale (81 goal). Sta puntando sicuramente sul Mondiale del 1999 in America e sulle Olimpiadi di Sydney nel 2000. Dove andra' dopo? Allenera' o magari vorra' diventare un dirigente?
Dopo i Mondiali e le Olimpiadi crediamo che Mia appendera' gli scarpini al chiodo, pero' puo' essere che avra' ancora la grinta per continuare. Nel 2000 avra' 28 anni e vorra' forse mettere su famiglia. La sua risposta alla domanda di allenare, e noi crediamo che sarebbe una brava allenatrice, e' che non pensa che abbia lo stile di comportamento necessario per essere una grande allenatrice. E sappiamo che non si rassegnerebbe mai ad essere una mediocre.

Pensate che Mia e le compagne siano soddisfatte con il progresso che il calcio femminile ha fatto finora nel mondo?  Si puo' fare di piu'?
Non sono mai soddisfatte del progresso del calcio femminile a livello mondiale. Ci vogliono piu' possibilita' per le donne e il calcio femminile (e tutti gli sport femminili). E' un fatto che deve essere accettato in tutto il mondo.

Tempo fa l'intera famiglia ha passato un periodo molto difficile con la morte di Garrett. Nel caso di Mia, Garrett si ammalò  piu' o meno durante il tempo delle Olimpiadi. Deve aver un'incredibile forza interiore. Come ha potuto rimanere cosi' concentrata sulla partita e che cosa l'ha aiutata ad andare avanti?
B&S: Nostro figlio Garrett mori' in aprile del 1997 dopo le Olimpiadi. L'intera famiglia ando' in Florida per il girone preliminare e ad Athens, Georgia per le semi finali e la finale. Garrett stava con noi a fare il tifo per Mia.  Infatti, era stato Garrett quello che aveva coinvolto Mia nel calcio molti anni fa. Era stato lui per primo che aveva abbracciato Mia come stava uscendo dal pullman della nazionale dopo la finale. In 1997, dopo la morte di Garrett, Mia manco' le prime due partite della Nike Tour, un tour di 8 partite della nazionale USA vincitrice della medaglia d'oro. Raggiunse la squadra per le ultime 6 partite.  Era riuscita a rimanere concentrata dedicando le partite a suo fratello. Gioco' per due persone, e siamo sicuri che Garrett sarebbe stato molto contento della sua prestazione.

Le piacerebbe nel futuro giocare all'estero?
Non ha nessun piano nell'immediato futuro di giocare all'estero.

Per quelle ragazze giovani (e non cosi' giovani) nel calcio femminile, che cosa pensate che potrebbe essere il miglior consiglio che Mia possa dare per poter migliorare il proprio livello di gioco?
A Mia piace usare l'esempio dell'interruttore della luce quando sta parlando con le ragazze piu' giovani sul discorso di migliorare le proprie prestazioni. Puoi avere la tecnica individuale, la capacita' e l'energia e le caratteristiche fisiche, ma a volte hai solamente bisogno di lavorare tantissimo. Ad un certo punto, devi solo accendere quell'interruttore della luce per poter accendere la luce dei tuoi sogni e del tuo futuro. Direbbe anche che non dovresti mai essere soddisfatto del tuo livello di prestazione. Puoi sempre migliorare, e hai bisogno di LAVORARE.

Avete entrambi un'idea generale sul calcio femminile in Italia. Quali sono secondo voi alcuni dei maggiori problemi che affliggono l'Italia e che cosa si potrebbe fare per migliorare la situazione?
Come la vediamo noi, il maggior problema con il calcio femminile italiano e' che la donna italiana non e' considerata come un'atleta.  La donna italiana rappresenta la bellezza, la casalinga, la madre e la moglie. Se non fosse per il fatto che il calcio coinvolge quasi completamente la vita del maschio italiano, le donne nel calcio sarebbero forse più' accettate nella vita.  Conosciamo diverse donne giovani che sono coinvolte in altri sport in Italia e che ricevano un certo riconoscimento per i loro successi.  Ma questo avviene solo perche' le loro discipline non sono dominate dallo sport maschile come lo e' il calcio in Italia. Vedendo che il calcio femminile in Italia e' spesso visto con disprezzo, mancano di conseguenza i fondi, gli allenatori e il management. Ci sono diverse persone in Italia che si sono molto dedicate al calcio femminile e che lo capiscono e lo vogliono veder crescere, ma sono ben pochi purtroppo. Anche quelli che sono molto appassionati spesso incontrano dei muri di gomma oppure trovano delle societa' che si rifiutano di pagarli. Noi per esempio in America abbiamo lo stesso numero di spettatori alle partite di Under 12 femminili che voi avete per le partite di Serie C.

Il calcio ha portato a Mia la fama e anche una certa sicurezza economica. Pensate che c'e' qualche cosa nella sua vita che vorrebbe cambiare?
Mia darebbe indietro tutta la sua fama e ricchezza per aver tra noi suo fratello Garrett.

Vi pare che la descrizione di Mia da parte di Anson Dorrance sia giusta: "Un campione e' qualcuno che si sta piegando in due dalla stanchezza quando nessun'altro sta guardando"?
Si', sicuramente. Come abbiamo detto prima. Mia e' un'atleta che spinge moltissimo per arrivare alla perfezione nella sua disciplina. Non lo fa per motivi personali o per avere qualche riconoscimento personale; lo fa per il bene dell'intera squadra.  Tutti nella squadra giocano per aiutarsi e nessuno si tira indietro. Quelle che non si allenano da sole durante i ritiri non rimangano molto con la squadra.

Per concludere, se ci fosse una sola parola per descrivere Mia, quale sarebbe?
Tenace.


Mario Rimati ha lavorato insieme a Bill Hamm dal 1989 al 1993 all'Ambasciata USA a Roma. Insieme hanno sempre seguito con grandissimo piacere i successi di Mia. Sempre all'Ambasciata Mario ebbe l'onore di conoscere Mia personalmente.

* Mia ha dato anche il suo contribuito a questa intervista.