LND CONTRO LA COSTITUZIONE?

Riceviamo e pubblichiamo questa lettera indirizzata molto in alto e che denuncia alcune inandempienze della LND rispetto a vari principi e normative italiani ed europei.

All'UFFICIALE DI STATO D'ANAGRAFE RESPONSABILE DELLE ANAGRAFE D'ITALIA
alla COMMISSIONE PARLAMENTARE COMUNITA' EUROPEA
al CONI
al PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA CARLO AZEGLIO CIAMPI.

Con la presente voglio puntare il dito contro i “Modi” di concepire lo sport dilettantistico da parte della LND con conseguente violazione dei diritti fondamentali garantiti dalla costituzione, violazione delle direttive comunitarie in materia sportiva, tesseramento con modi e metodi assolutamente inadeguati ed illeciti.

La LND prosegue al tesseramento dei minori unicamente dietro presentazione dei certificati di residenza e di nascita, rifiutando la autocertificazione, come invece consentita dalla legge vigente con evidente pericolo per i dati personali in esso contenuti e violazione della legge sull’autocertificazione.

Nel tesseramento dei dilettanti non viene garantito il rapporto di liberalità dell’associato come invece ribadito dagli articoli di legge che impongono addirittura di inserire tale concetto negli statuti delle associazioni non riconosciute. Inoltre la forma con cui viene praticato il tesseramento sportivo a livello dilettantistico ne rende nullo l’effetto in quanto l’atleta così tesserato non è a conoscenza delle norme regolamentari (NOIF) a cui dovrebbe assogettarsi e non può neppure attenersi alle norme regolamentari “Future” così come descritto nel medesimo modulo. Questi ed altri punti quali ad esempio la mancanza delle clausole sulla privacy con relativa controfirma confermano la nullità di un tesseramento praticato con metodi sicuramente poco leciti.

 Inoltre l’istituzione del contratto per i dilettanti, chiamato dalla LND “Accordo” con cui il giocatore o comunque l’associato si impegna per un certo periodo a prestare la propia opera dietro pagamento di un corrispettivo addirittura concordato con il sindacato di categoria dei calciatori è una violazione gravissima delle direttive comunitarie e delle leggi dello stato in materia e di fatto trasforma lo sport dilettantistico in una prestazione a pagamento. Ricordiamo che le direttive comunitarie vietano nel modo più assoluto il pagamento di corrispettivi ad atleti dilettanti che non siano semplicemente rimborsi spese, questo è inoltre vietato dalla legge italiana ed è pure vietato dalle stesse direttive del CONI.

 Il ritenersi al di sopra della legge o il non riconoscerla da parte dei funzionari della LND come spesse volte dichiarato a seguito di miei contatti telefonici rende ancor più grave il pericolo che incombe sul dilettantismo.

Questione di non poca rilevanza è quella del vincolo a tempo indeterminato a cui è soggetto l'atleta tesserato con una società sportiva che svolge attività in campionati non professionistici.
        Continua, infatti, ad essere assolutamente illiberale il rapporto tra associazioni sportive e atleti giovani oppure dilettanti che, per poter svolgere l'attività in una disciplina individuale o di squadra, sono necessariamente soggetti al tesseramento con una società o un gruppo sportivo. In tutte le discipline di squadra e individuali, salve alcune rarissime eccezioni previste dai singoli regolamenti federali delle associazioni sportive amatoriali, la sottoscrizione del "cartellino" (eseguita dai genitori quali legali rappresentanti nel caso del minore d'età) devolve irrevocabilmente e senza limiti di tempo la titolarità dei poteri sulle prestazioni sportive dell'atleta alle associazioni.
        Il problema emerge nel caso di controversia fra l'atleta, che intende far valere la propria libertà di recedere dal rapporto associativo, e la società sportiva, che pretende di conservare il proprio patrimonio tecnico al fine di mantenersi competitiva e di ottenere un premio di preparazione o di addestramento, e diventa ancora più evidente quando si tratta di minori o di dilettanti che giocano per puro spirito amatoriale.
        Devono, dunque, ritenersi nulle quelle clausole regolamentari (che hanno un valore contrattuale) che prevedono l'assunzione del vincolo sportivo da parte di un atleta militante in un'associazione non riconosciuta (quale è generalmente la società che opera nel settore dilettanti) e che negano il diritto di recesso ad nutum dal rapporto associativo, previsto invece dalla legge n. 91 del 1981, e successive modificazioni,  con una conseguente disparità ingiustificata di trattamento. Infatti, impedire il recesso degli atleti (titolari della qualifica di associati, avendo assunto tale vincolo con il tesseramento) da un'associazione sportiva rende nullo il divieto (sostanzialmente implicito in tutte le clausole statutarie) dello svincolo per scelta dell'atleta poiché appare una violazione:

            a) del diritto di praticare liberamente la propria attività agonistica;

            b) della libertà di associazione tutelata dall'articolo 18 della Costituzione, che comprende anche il diritto di non associarsi;

        In giurisprudenza si afferma che l'adesione ad un'associazione non riconosciuta (e dunque, alla federazione delle varie società sportive) comporta l'assoggettamento dell'aderente al relativo regolamento senza necessità di specifica accettazione, con il limite derivante dal principio costituzionale della libertà di associazione, il quale implica la nullità di clausole che escludano o rendano oneroso in modo abnorme il recesso (Cassazione civile, sentenza 9 maggio 1991, n. 5191).
        Peraltro, più recentemente, è stato ribadito che il principio della libertà di associazione implica il diritto di dissociarsi, come previsto dall'articolo 20 della Dichiarazione dei diritti dell'uomo del 1948, secondo il quale "nessuno può essere costretto a far parte di un'associazione", e che rientra nella funzione del legislatore ordinario la regolamentazione dell'esercizio anche dei diritti costituzionalmente garantiti, quando la relativa disciplina dettata dalla legge ordinaria, o quella pattizia da essa consentita, non sopprimano il diritto di dissociazione o ne rendono oltremodo ostico l'esercizio con modalità oggettivamente coercitive, impeditive o preclusive (Cassazione civile, sentenza 14 maggio 1997, n. 4244).
        Dunque, se la libertà di recesso vale per ogni lavoratore (sotto forma di dimissioni), nonché per qualsiasi associato a partiti politici o sindacati od associazioni non riconosciute, non si vede perché non debba spettare ad atleti che svolgono gratuitamente attività sportive, che devono essere incentivate e tutelate secondo il principio generale di libertà.
 E' proprio per tutelare il diritto allo sport dell'atleta dilettante e minore di età che la presente si propone, quale fine prioritario, quello di vietare il vincolo anche nelle categorie dilettanti e giovanili dei campionati organizzati dalle federazioni sportive nazionali.

L’atleta DILETTANTE deve essere libero e crescere nei valori dello sport, garantiti dalla costituzione e negati dalla LND ed addirittura non tutelati dal CONI il quale si dichiara impotente davanti a simili fatti. Non deve essere schiavo di un’istituzione che lo lega irrimediabilmente ad una società con relativa mercificazione del cartellino (esiste pure il calciomercato dilettantistico in cui le società del settore si riuniscono per vendersi, scambiarsi o prestarsi gli atleti) il tutto con un evidente danno per l’individuo che vede negato il diritto a praticare lo sport dilettantistico per il sano e puro divertimento e la crescita corretta della sua personalità.

La stessa LND sancisce i modi ed i metodi affinchè tutto questo avvenga gettando il mondo dello sport dilettantistico in un baratro vergognoso dove regna il potere della FIGC, che con metodi a dir poco massonici si sostituisce allo stato istituendo di fatto regolamenti e metodi illeciti.

Cordiali saluti.

Giuliano Bortolotti