Riprendiamo questo articolo di Giancarlo Padovan dal Corriere della Sera del 28 febbraio 2001. Viene annunciata l'imminente avventura americana di Patrizia Panico anche se in realtà la cosa non è certa al 100%.
Notate l'incipit "Gioca come un uomo etc...". Come quale uomo ? Come Totti o come Gabe ? perchè se gioca come gioca Gabe..... (Brontolo)

LA STORIA / La più forte attaccante italiana comincia la sua avventura tra le stelle del calcio femminile

La ragazza dal gol facile va in America

ROMA - Gioca come un uomo e anche meglio. Segna quanto un uomo e di più. Ma fortunatamente pensa come una donna, qual è: «Non vado in America perché sono attratta dal mito americano. Vado perché lì il calcio femminile è considerato uno sport che ha pari dignità con tutti gli altri, perché tra due mesi parte il primo torneo professionistico e perché loro mi hanno
chiamata». Patrizia Panico, centravanti della Lazio e della Nazionale, considerata la più forte e la più completa attaccante italiana in attività, è stata sondata appena una settimana fa.
Chi ha chiamato?
«Philadelphia, una delle otto società della Lega professionistica. Mi hanno chiesto la disponibilità a far parte della loro squadra. Presto la Lega professionistica, dopo avere contattato la Lazio, definirà l’accordo con me e con la persona che mi assiste. Funziona come per l’Nba: una volta che vai a giocare lì, appartieni alla Lega, non alla squadra».
Quando comincerà la sua nuova vita?
«Il raduno pre-campionato inizia proprio domani in California. Il campionato parte un mese più tardi, il primo aprile. Quindi, se va tutto in porto, dovrebbe trattarsi di una cosa immediata. Due-tre settimane al massimo».
Contenta, preoccupata, allettata, timorosa: cosa?
«Innanzitutto contenta, perché essere inserita in un contesto di giocatrici forti e fortissime mi fa piacere. Timorosa anche un po’: perché c’è una lingua che non conosco bene e c’è l’impatto con una realtà complessa. Il confronto con atlete di un livello altissimo mi preoccupa relativamente. Casomai sento il dispiacere di lasciare la mia squadra, gli affetti, la famiglia. Ma il sentimento prevalente è un altro»
Quale?
«Non so bene come definirlo. Forse è ambizione, la voglia di uscir fuori, di far vedere che in quel contesto professionistico ci posso stare io come potrebbero starci molte giocatrici italiane». (In effetti, la collega azzurra Rita Guarino, l’estate scorsa, ha giocato due mesi nel Maryland Pride realizzando ben otto reti in sette partite).
L’occasione di Panico è dunque l’occasione di un intero movimento finora troppo sottostimato?
«Certo. Di più: se oggi tocca a me e domani tocca a qualche altra giocatrice forse finalmente si correrà ai ripari. Un campionato italiano tecnicamente impoverito non sarebbe accettabile».
A parte la lingua, cosa pensa di imparare in America?
«Molto mi potrà venire dal confronto con una cultura diversa e da metodi di allenamento diversi. Però ho anche messo in conto di avere disagi tattici. Prima di tutto perché non credo che lì ci siano allenatori molto bravi. E poi perché culturalmente l’America non ha né la storia del calcio, né il bagaglio di esperienze che l’Italia possiede in materia».
Tuttavia è il primo posto dove il soccer femminile diventerà un affare.
«Gli americani sono molto diversi da noi. Se si mettono in testa di arrivare da qualche parte ci arrivano in qualsiasi modo».
Che calcio crede di incontrare?
«Un calcio fisico, atletico. Esattamente come sta diventando quello maschile in Italia. Comunque non mi spaventa. Giocando le gare internazionali con la nazionale azzurra so che questa è la tendenza».
Quanto tempo resterà in America?
«Sei, sette mesi, fino ad ottobre. A giugno, però, tornerò per i Campionati Europei che si svogeranno in Germania. Loro già lo sanno, anche perché nella Lega professionistica ci sono altre giocatrici europee».
Lei lascia una squadra, la Lazio, partita con grandi ambizioni ancora in corsa nella Coppa Italia e al terzo posto in campionato. Dal prossimo autunno tornerà a vestire il biancazzurro?
«Se dovessi rientrare in Italia, la Lazio sarà la mia priorità, la squadra che mi sta più a cuore. Però, non avendo concluso alcun accordo con gli americani, non posso dire quello che farò dopo».
Crede che l’esperienza professionistica statunitense avrà qualche riflesso sulla faticosa crescita italiana?
«Sinceramente spero che in Italia porti una ventata di effetti positivi. Sull’esempio americano, si potrebbe pensare di fare un campionato professionistico a otto squadre; si potrebbe pensare di importare noi le straniere anziché far partire le italiane; si potrebbe pensare di adeguarci al progetto che ispira il Nord Europa, l’Inghilterra in particolare, o il resto del mondo, il Giappone per esempio».
Allo stesso modo di Panico, la pensa l’avvocato Luca Fiormonte, direttore generale della Lazio. Il quale, però, infuriato com’è con la Fifa che non prevede indennizzi di sorta in casi come questo, ipotizza addirittura la creazione di una Lazio Usa da iscrivere fuori classifica al prossimo campionato professionistico. Una provocazione?
«Tutt’altro. Piuttosto si tratta di verificare la possibilità di fare business anche lì. La perdita di Panico, per noi, è incalcolabile da molti punti di vista. Soprattutto dal punto di vista tecnico, tanto che non esiterei a parlare di una stagione falsata. Comunque non abbiamo mai pensato di ostacolare Patrizia che si trova di fronte ad una grande occasione. Panico è un nostro prodotto e un nostro capitale. La consideriamo per sei mesi in affitto al Philadelphia. Poi, alla ripresa della serie A, ce la riprenderemo».
Chi da questo «scippo» americano non teme nulla, anzi, è Carolina Morace, ormai costantemente proiettata sugli impegni della Nazionale maggiore (oltre all’Europeo dovrà programmare le qualificazioni al Mondiale 2003) e dell’Under 18 (ad aprile ci sarà qualificazione continentale con fase finale tra la luglio e agosto).
«Per me cambia poco, anzi ritengo che l’esperienza di Patrizia arricchisca e qualifichi il lavoro che si sta facendo. In nazionale procediamo al ritmo di un raduno al mese con un gruppo di 26 ragazze il che è indispensabile sia per gli aspetti didattici, sia per la compattezza della squadra. Sono importanti anche i test amichevoli, ne avremo uno, probante, contro gli USA il 7 marzo a Rieti. Io apprezzo tutti gli sforzi che vengono fatti dalla Divisione Calcio Femminile per mettermi nelle condizioni di operare al meglio, molto abbiamo fatto e molto ci aspetta ancora. Ma è proprio per questo che vorrei, nei limiti del possibile, sollecitare
l’attenzione della Federcalcio sugli impegni futuri.
Siamo forse ad un punto di svolta per quanto riguarda lo sviluppo del settore e l’appoggio delle istituzioni è determinante. Non credo perciò sia impensabile ritenere che l’attività della nazionale ricada sotto la diretta responsabilità della Federcalcio che è
dotata delle forze e delle strutture necessarie».
Altrimenti mandare Morace in prima linea sarebbe stata una pura, e inutile, operazione di cosmesi.
Giancarlo Padovan