CREDERSI E’ LA MARCIA IN PIU’
Nello sport agonistico l’ottimizzazione della preparazione tecnica
e fisica ha raggiunto livelli tali da far sì che sempre più
frequentemente l’elemento mentale rappresenti quella marcia in più
che permette a un atleta di avere la meglio sull’avversario.
La fiducia in sé e l’approccio positivo alla competizione rappresentano
sicuramente due aspetti che contribuiscono in modo determinante alla buona
riuscita della prestazione.
In termini di ricadute operative diventa quindi importante che ogni
atleta, con l’aiuto dello staff, stimi il suo senso di auto efficacia
e di certezza nelle proprie capacità con la consapevolezza che tali
elementi possono essere migliorati grazie a una serie di accorgimenti,
esercizi e programmi di lavoro che implicano un’analisi accurata del vissuto
relativo alle performance passate e future.
Per prima cosa risulta utile individuare quelli che sono i pensieri
negativi che minano la fiducia o la capacità di un atleta di intraprendere
e perseguire un compito determinando un’anticipazione del fallimento attraverso,
ad esempio, un irrigidimento, un venir meno alla propria tecnica durante
la gara oppure una paura in prospettiva di future competizioni.
Le riflessioni vanno rivolte all’ultima prestazione, ai possibili miglioramenti
che si possono apportare, all’approccio verso le gare da farsi e agli ostacoli
che potrebbero intralciare un buon risultato.
Il compito dell’allenatore è quello di saper cogliere nelle
parole dell’atleta quelle forme di espressione che contengono pensieri
negativi quali: affermazioni precedute dal “NON” (es. “Non devo restare
sul colpo”), autosvalutazioni (es. “Sono entrato fuori tempo in molti contrasti”),
dubbi su di sé (es. “ Non sono in forma come vorrei”), paura di
deludere gli altri (es. “Ho deluso l’allenatore”) e preoccupazioni non
collegate alla prestazione.
Sul piano pratico gli effetti di queste forme di pensiero sono molteplici:
concentrazione focalizzata sugli errori, profezie che si autorealizzano,
prestazioni mediocri per evitare i rischi (e i fischi…), tentativo di compiacere
gli altri invece di focalizzarsi sulla gara, tensione e riduzione della
fiducia nelle proprie capacità.
E questi sono solo alcuni esempi!
Per poter sviluppare un pensiero positivo l’atleta deve riformulare
le affermazioni negative focalizzandosi esclusivamente su ciò
che è necessario fare per ottenere una buona prestazione, attraverso
la programmazione di un percorso che trasformi le barriere in sfide (es.
prestazione sognata, prestazione possibile, e goal setting per raggiungerla).
Risulta inoltre importante collocare le autosvalutazioni nel passato
e rendersi conto che si possono sempre apportare dei miglioramenti o riconsiderarle
sotto una luce più favorevole.
La stima di efficacia dell’atleta determina la modalità di approccio
al compito e tale valutazione è influenzata da quanto l’atleta crede
in sé. Ruoli dello psicologo e dell’allenatore sono anche quelli
di elevare questa stima in modo tale che il giocatore affronti con fiducia
la prestazione (Bandura, Teoria dell’autoefficacia).
Il riferimento all’esito di precedenti prestazioni rappresenta sicuramente
il maggior contributo alla definizione del proprio vissuto di autoefficacia,
“Se ho fatto bene una volta posso farlo nuovamente”.
Anche un maggior controllo dello stato di attivazione, la persuasione
verbale e un effetto vicariante
(“Se lui è in grado di farlo allora lo posso fare anch’io”)
possono influenzare, anche se in misura inferiore, la fiducia dell’atleta.
In questi termini ottimizzare una prestazione significa quindi incrementare
il livello di autoefficacia grazie all’utilizzo di strategie mirate al
rafforzamento del senso di realizzazione (analisi dei risultati ottenuti).
Un esercizio utile a tale scopo è definito “Inquadramento positivo
della mente”. L’atleta deve descrivere tre aspetti di sé in riferimento
ad alcuni argomenti sportivi guida quali punti di forza, miglioramenti,
realizzazioni, preparazione, margini di vantaggio e precedenti prestazioni.
Le riflessioni vanno riportate su un foglio di carta conservando la terminologia
utilizzata dall’atleta. Devono essere formulate in positivo, ricondursi
a comportamenti o eventi controllabili e specifici.
Un’ulteriore tecnica attraverso cui lo staff può contribuire
a incrementare la fiducia dell’atleta focalizzandolo sulla realizzazione
della prestazione può essere la programmazione di un goal setting,
attraverso la definizione di obiettivi a breve, medio e lungo termine che
siano, anche in questo caso, realizzabili, controllabili, orientati
al processo e formulati in termini positivi.
Feed-back immediati, elogi, affermazioni positive, visualizzazioni,
persuasione verbale possono certamente contribuire al buon risultato del
lavoro e dello sportivo.
SONIA BARBARA ROSBERTI
Psicologa, esperta in Psicologia dello sport
LAUREATA ALL’UNIVERSITA’ DI PADOVA, MASTER IN “PSICOLOGIA DELLO SPORT”,
DOCENTE DI PSICOLOGIA DELLO SPORT COLLABORA INOLTRE CON L’ASSOCIAZIONE
ASSIST. PARTECIPANTE A CONVEGNI DEL SETTORE, SCRIVE PER SITI E RIVISTE
SPORTIVE SPECIALIZZATE. CURA LA PREPARAZIONE MENTALE DI ATLETI DI SPORT
INDIVIDUALI E DI SQUADRA.SI OCCUPA ALTRESI’ DI SELEZIONE E FORMAZIONE DEL
PERSONALE.
Per informazioni, consulenze e analisi d’intervento
contattare: rosberti@yahoo.it
o lasciare un messaggio al n°347 0168901
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