Domenica 2 aprile scoppia il caso: il “Corriere Adriatico”, nella cronaca di San Benedetto, titola così: «Calcio femminile regno dell’omosessualità». L’articolo, a firma Arduino Carosi, riporta le dichiarazioni di Feliziani “[…] un cospicuo gruppo di calciatrici, per altro in continua espansione e ben ramificato ed organizzato, si nasconde dietro la pratica dell’attività sportiva solo per coprire i reali interessi che sono quelli di svolgere attività omosessuale all’interno delle società stesse. Esse sono ben liete di far parte di un ambiente sportivo dove possono vivere a stretto contatto con ragazze più giovani, che trasformano in fretta in vere e proprie prede da circuire e plagiare a proprio piacimento […]”: se non fosse gravissimo, ci sarebbe da ridere…
Il lunedì successivo, 3 Aprile, si tiene presso la sede della Figc di Ancona una riunione straordinaria con delegati e rappresentanti di tutte le società di calcio femminile delle Marche: Feliziani lì conferma tutte le sue accuse e comincia anche a sparare nomi (che ha sempre dato anche ai giornali, ma che non sono mai stati pubblicati, data la totale ed assoluta mancanza di prove: i giornalisti sanno tutelarsi, anche se non hanno alcuno interesse a tutelare gli altri…): nomi che gli stanno ora costando ulteriori denunce per diffamazione da parte degli interessati, dato che i presenti alla riunione sono disposti a testimoniare. Le società da parte loro cominciano a muoversi per prendere eventuali iniziative legali.
La polemica intanto divampa: martedì 4 Aprile il caso va in prima
pagina sul Resto del Carlino nazionale, mentre l’inserto regionale
di Ascoli titola in copertina «Omosessualità, incubo nel calcio
donne», e l’intera pag.3 è dedicata alla notizia: parla anche
Bianca
Maria Grossi: lei non ha “mai assistito di persona a casi simili”,
ma conferma, “si sa che nel calcio ci sono ragazzine di 15 o 16 anni
che non sanno niente, che si ritrovano puntate contro il muro, anche aggredite,
da ragazze più grandi”. Anche il presidente dell’Acf Porto Sant’Elpidio,
Massimo
Luciani, tra il 4 e il 5 Aprile conferma sempre al Carlino che anche
lui ha avuto questi problemi, ma li ha saputi affrontare: “abbiamo smembrato
la squadra e siamo ripartiti quasi daccapo”, “ho cambiato sei giocatrici.
Erano le più brave”. Luciani da’ anche dei consigli pratici
su come accorgersi del problema:
“Il campanello d’allarme suona quando
le giocatrici più giovani (e quindi minorenni) cominciano a fare
strani discorsi, cambiano atteggiamento e, di pari passo, frequentano un
po’ troppo quelle più adulte, ormai ben consapevoli della loro sessualità”.
Nomi, prove e fatti, così come la deontologia dei giornalisti, continuano
ad essere assolutamente superflui…
Sempre sul Carlino (prima pagina dell’edizione nazionale, sic!) del
5 aprile, la Grossi, che il giorno prima non aveva “mai assistito
di persona a casi simili”, di punto in bianco si ricorda che è
“stata
costretta a cambiare squadra per le attenzioni eccessive e particolari
rivoltemi da due compagne trentenni”. Fortunatamente, però,
lei non è “mai stata aggredita, come invece è capitato
a due mie compagne, a luci spente, nello spogliatoio, ma il tentativo di
plagio psicologico che ho subito è stato un processo lento e continuo”.
Intanto la Federcalcio apre un’inchiesta, mentre le varie società
sportive marchigiane sono pronte a farsi tutelare (“Visto che non lo
fa la Federazione”, dice una dirigente) dalla magistratura ordinaria,
in questo caso spalleggiate dal circolo anconetano Caleido e dall’Arcilesbica,
pronti a costituirsi parte civile.
Ma l’apoteosi del bel giornalismo viene raggiunta da Fulvio Bianchi
che, su Repubblica del 6 Aprile, pagina dello sport, fa pubblicare
alcune dichiarazioni di Feliziani e di una sua giocatrice, Barbara
Di Pietro, la quale, tra le tante, dice “No, non è possibile
che tutte le ragazze che giocano a calcio diventino lesbiche […]non ci
sta bene vedere minorenni che fuggono in lacrime perché qualche
loro compagna di squadra le ha messo le mani addosso. Non mi sta bene vedere
ragazzine che in poco tempo passano dal fidanzato alla fidanzata e fanno
le sei del mattino in discoteca a fumare chissà cosa”. Non credo
di dover commentare frasi che da sé trapelano uno spessore intellettuale,
morale e culturale non da poco…Feliziani, da par suo, rincara:
”Anni fa ho tentato di salvarne due, di ragazzine: con una ci sono riuscito.
L’altra si droga”. Lo so, è difficile crederci: eppure Repubblica
ha avallato, con il pubblicarle, notizie di questo livello….
Personalmente, ho immediatamente contattato la redazione del giornale
per sollecitare le sue scuse ed una presa di distanza da quanto pubblicato,
nonché ho sottolineato loro che prima di pubblicare certe cose (sempre
senza nomi, fatti o prove…e a che servono?), avrebbero anche potuto informarsi
sul personaggio Feliziani e la sua credibilità come uomo
(rimandandoli anche agli avvenimenti, ricordati all’inizio, delle percosse
all’allenatrice dell’Artemide): mi hanno risposto di avere pazienza, che
si stanno informando…..Io avrò pazienza fino a lunedì (oggi
che scrivo è sabato 15 Aprile), e poi gli riscriverò….se
pensano di liberarsi così facilmente di me…
Ad oggi le cose stanno così: l’allenatrice del Pesaro e la sua
giocatrice hanno denunciato Feliziani, tramite giustizia ordinaria,
l’una per aggressione, l’altra per razzismo. Le società sportive
marchigiane stanno portando avanti una denuncia per diffamazione, ed anche
alcune persone, di cui Feliziani ha fatto il nome durante la riunione della
Figc, stanno agendo penalmente nei suoi confronti.
Le ragazze hanno portato avanti un’altra forma di protesta, pacifica
ed efficace (spero!). Domenica scorsa, ultima di campionato, sono tutte
quante scese in campo (tranne il Giulia, naturalmente) indossando una maglietta
con su scritto “INSIEME PER DIFENDERE IL CALCIO FEMMINILE. L’unica
nota stonata (a mio parere) è che le indossasse anche la squadra
del Porto Sant’Elpidio: senza nulla togliere alle ragazze, non vedo come
un’iniziativa del genere si sia potuta coniugare con le dichiarazione rilasciate
dal suo presidente Massimo Luciani: ma, evidentemente, schierarsi
dove tira il vento è sempre la cosa migliore da farsi…
L’iniziativa, naturalmente, è stata in pratica quasi del tutto
ignorata dalla stampa (che c’è, d'altronde, di morboso e “acchiappa
lettori” nel pubblicare un articolo su delle ragazzine che pretendono di
giocare a calcio, ed oltretutto si battono per difendere la loro dignità
infangata?); stampa che, comunque, ha smesso quasi definitivamente di occuparsi
del caso: lo scoop è stato fatto, il danno pure, se qualcuno è
stato accusato ingiustamente ed uno sport soffocato forse per sempre, chi
se ne frega….