PALMA SCARCELLA

di Massimo Tagliabue

Numero uno in Liguria per qualità balistiche, tecnica e classe, ma numero uno anche per simpatia, spontaneità e disponibilità. Una calciatrice fuori dagli schemi, sempre pronta all’altruismo anche quando potrebbe peccare di quel pizzico di egoismo che i “grandi” devono avere. Se all’uno aggiungiamo uno zero sulla maglietta rossazzurra ecco che quel numero assume connotati magici, quelli del numero dieci, il numero che contraddistingue, da sempre, i più grandi in assoluto. E dieci è il voto che si guadagna in pagella per inventiva e fantasia (e poi è anche carina, il che non guasta mai), ma anche per quel suo carattere ribelle che ne fanno una delle più gettonate nelle campagne estive di mercato.
Lei, Palma Scarcella, ventiquattrenne funambolica, pegliese di nascita ma corniglianese da sempre è una fuoriclasse, fuori e dentro al campo, nello spogliatoio e nelle cene sociali. Tutti la cercano, tutti la vogliono, ma purtroppo il calcio femminile ligure non naviga nell’oro e così il lavoro viene prima di tutto, poi sì c’è il calcio che resta e rimarrà sempre un divertimento, una sana passione da cui diventa difficile staccarsi.
Ti accoglie con quel sorriso malizioso, anche se sa di essere una primadonna in Liguria, ma non lo da a vedere. E tutti se la coccolano.
Una popolarità che non ha confini in regione. Lo dimostra anche il sondaggio di Radio Torre Genova tra tutti gli sportivi liguri. Palma occupa il terzo posto assoluto alle spalle del minigolfista Maggioncalda e del pallavolista Diolaiuti. Questo perché dove passa Palma lascia sempre e comunque un segno indelebile.
Chi scrive ha notato quel gioiellino (e peperino) durante il Torneo delle Regioni di alcuni anni fa a Sirmione, sul lago di Garda. E lei, non ancora maggiorenne, era già una leader. Si vedeva che ne avrebbe fatta di strada, anche se poi è stata perseguitata da fastidiosi problemi al ginocchio che si ripetono periodicamente, ma questo non le ha impedito di arrivare a ottimi traguardi. Scambiando quattro chiacchiere con lei si capisce che è una vincente nata, l’ultima a mollare per caparbietà e grinta, ma in grado di risolvere la partita con le sue giocate. Il calcio femminile parla e si identifica sempre in Ronaldinha, ma Palma al top è tutto e di più. Chi l’ha avuta come compagna od avversaria non se la dimentica in fretta. Nel bene e nel male. E’ il destino dei più grandi numeri dieci.
Non passa stagione che sia tentata da questa o quella squadra, dalla serie A nazionale alla C regionale, da chi vuole raggiungere obiettivi importanti, a chi vuole fare di lei la leader indiscussa e pronta a fare da balia a ragazze più giovani. Tutto questo a soli 24 anni, figuriamoci cosa succederà quando avrà raggiunto il pieno della maturità di un calciatore, fra due o tre anni. E lei sa che ne vedremo ancora delle belle.
Una carriera già lunga (da oltre 14 anni sui campi della regione) per lo “Scriciolo” di Cornigliano. Qualche calcio al pallone con gli amici nel campetto sotto casa, poi due stagioni alla Sampierdarenese, otto al Baiardo, uno alla Bolzanetese, ancora uno al Baiardo, due al Varazze in serie B e uno, l’ultimo, al Molassana, una convocazione nella nazionale under 21 a Coverciano sotto la supervisione di Carolina Morace, e sette anni di rappresentativa ligure. Fra pochi mesi si vedrà il nuovo destino, resteranno da valutare le nuove offerte, che ovviamente non mancheranno. E’ la perla preziosa che tutti i mister vorrebbero avere in rosa per garantire il salto di qualità alla squadra. Anche con una gamba sola, o a mezzo servizio, senza l’allenamento settimanale alle spalle, sembra insostituibile.
E il campo poi le dà ragione. Un perno, senza il quale il giocattolo non funziona.

“Alla mia età – ribadisce con quel suo caschetto di capelli più biondi del solito – ambisco ancora a grandi traguardi. Non mi sento per niente arrivata, non lo sono mai stata. Chi mi conosce lo sa. Mi piacerebbe arrivare in B con il Molassana perché giocherei a Genova. Matuziana, Levante, Albenga e Sampierdarenese la scorsa estate mi avevano tentata, come il Sarzana due anni fa. Giocare un campionato di C, dopo aver assaporato la B, non significa però declassamento. E’ stata una mia scelta. Per me è come essere all’inizio e il bello deve ancora venire. E penso e spero di poter salire ancora più in alto. Soprattutto quest’anno con le compagne abbiamo creato un gruppo eccezionale anche fuori dal campo, non c’è invidia, non c’è la primadonna, come è successo da altre parti. Siamo complementari l’una all’altra, tutte utili, ma nessuna indispensabile. A rotazione sono mancate Ghirelli, Barbieri e la sottoscritta, ma le vittorie sono sempre arrivate. Ho ritrovato una grande amica, Bongiovanni, con cui ci si frequentava all’età di dodici anni e il feeling è rimasto dopo aver perso i contatti. L’obiettivo è proseguire, tirare avanti la carretta a buoni livelli, per sette-otto stagioni ancora. Dopodiché c’è l’intenzione di appendere le scarpe al chiodo, cercare un marito ed avere dei figli. Il calcio rimarrebbe chiuso nel cassetto, ma sempre pronta a giocare e a tirare quattro calci ad un pallone con le amiche, visto che è uno sport che faccio per divertimento. Non c’è la volontà di intraprendere una carriera come allenatore o dirigente. Due anni fa Perdomi mi propose di fare il suo vice nella Rappresentativa, ma rinunciai per i soliti problemi di lavoro e perché non mi ritenevo all’altezza. Anche se devo ammettere che non sfigurerei perché dall’esterno sono in grado di leggere una partita”.

Il problema del lavoro è un nodo che viene al pettine, una questione ricorrente. “Purtroppo non ho un impegno impiegatizio dal lunedì al venerdì e spesso nel fine settimana devo chiedere una giornata di ferie per giocare. Questo è un vincolo che mi tarpa un po’ le ali, ma il calcio femminile in generale non ti dà da vivere. Quando avevo 17 anni il Milan mi offrì di giocare con loro in cambio di vitto, alloggio e studi, ma rifiutai. E dal punto di vista del lavoro mi trovo bene e non ho intenzione di cambiare”.

Non mancano le parole di elogio per chi ha sempre creduto nelle sue qualità. “Mio padre Pino, in primis, - prosegue Palma – è grazie a lui che non mi sono mai montata la testa. Mi segue ovunque, ma è sempre il primo a criticare e poche volte dispensa elogi. Poi tra i mister non posso non menzionare Perdomi, Lucchesi, Giuseppe Valentino, Mechetti, Gianni Ferrera. Non mi sento una leader, anche se sentirsi leader può voler dire avere la fiducia massima di allenatore e compagne di squadre, allora in questo caso è capitato molte volte. Ma è una etichetta che mi mettono gli altri e non me la sono cucita addosso io. Tra Baiardo e Rappresentativa Ligure sono stata per una decina d’anni la capitana. Spendo volentieri due parole anche per l’ex presidente del Varazze Guido Giuliani. E’ una persona con un grande carisma e una grande voglia di vincere. Lo stimavo prima come uomo e poi come presidente. Ma a Varazze non è stato mai capito ed è per questo che è scappato via. Tuttora mantengo con lui i contatti perché sono rimasta in ottimi rapporti, mi auguro un suo pronto rientro in grande stile nel mondo del calcio femminile. Con lui il movimento può crescere. E’ una persona che crede in quello che fa. E investe, il che non fa male, per noi donne”.

Palma, da sempre, è tifosa interista, stravedeva per Walter Zenga e Lothar Matthaeus, ma si immedesima anche in un Moratti (ce ne fossero per vitalizzare il movimento), pronto ad investire nel calcio rosa. “Se mi mettessi nei panni del mio presidente nerazzurro nell’acquisire la massima carica di una società di calcio femminile, il primo acquisto che suggerirei è quello di Scarcella. Ho un cuore talmente interista che solo quello farebbe vincere le partite. Darei tutto con una maglia nerazzurra sulle spalle. Poi investirei sul settore giovanile, partendo dalle scuole e il Ravano a Genova insegna. Mettendo delle solide basi potrebbero arrivare i risultati. Il campionato ligure purtroppo è limitato. Dieci squadre sono un patrimonio che non fa crescere il movimento in regione e la stagione è troppo breve. Una ulteriore crescita può essere data dai mass-media. La Panini quest’anno fa scuola. Per la prima volta il calcio femminile compare in un album di figurine ed è un fenomeno che potrebbe prendere piede. Loro hanno capito che noi donne possiamo e dobbiamo avere il nostro spazio. Speriamo che venga allargato anche alla serie B. Mi fa sorridere l’idea dei ragazzini che scambiano la figurina di Palma Scarcella con quella di Bobo Vieri. Da questo motivo trainante qualcuno potrebbe prendere spunto per fare anche un gioco con la play-station, prodotti che sono sempre riservati al solo calcio maschile. Sono contraria invece a creare un sito personale su internet, anche perché credo che sarebbe visto solo dalle amiche e nulla più”.

E gli arbitri? “Per quanto riguarda la classe arbitrale se potessi cambiare qualcosa eliminerei quegli arbitri maschi che vogliono fare i protagonisti. La differenza di sesso ha poco valore, se l’arbitro è di qualità può arbitrare indistintamente calcio maschile e femminile. E’ chiaro che i ritmi di gioco sono diversi, ma tutto è sempre in funzione della tecnica, della personalità e dell’allenamento. Troppe volte sui campi vengono a dirigerci dei maschilisti e a rimetterci siamo solo noi”.

A 24 anni lavoro, calcio, amore e tempo libero sono conciliabili? Su questo tema Palma ha le idee molto chiare: “Per allenarmi perdo due serate, ma non è nulla perché quando vado mi diverto. Capita a volte di fermarsi un po’ di più per perfezionare la tecnica sui calci da fermo, una delle mie specialità. Per il resto basta avere la volontà di fare tutto e non chiudersi in casa come delle amebe. Per quanto riguarda il versante dell’amore tengo a precisare che non sono fidanzata anche se frequento un ragazzo che gioca a pallone e quindi il tempo per vederci lo troviamo. Vale il detto: volere e potere. Lui mi dà anche i consigli e cerco di applicarli per non commettere gli stessi errori in seguito”.

Consigli, nonostante la giovane età, ne ha da dispensare anche per chi si avvicina per la prima volta al calcio rosa: “C’è sempre da imparare. Il primo consiglio è quello di non montarsi mai la testa, non dare retta a nessuno. Esiste anche il calcio femminile e ci si può divertire quanto quello maschile. E’ importante tapparsi le orecchie quando qualcuno ti dice di smettere. Non bisogna avere mai paura di dire in casa che si vuole giocare a calcio. Non devono esserci remore. E’ uno sport come tanti altri, d’altronde si va ad allenamento e nel fine settimana giochi. Non vai mica a rubare”. Poi una stilettata al passato: “Dal Varazze me ne sono dovuta andare per problemi con la dirigenza. Si vociferava che mi allenavo poco e che poi comunque ero titolare inamovibile. Parlano le presenze infrasettimanali. Con Perdomi prima, e Lucchesi poi, non c’erano problemi. Qualcuno ha ordinato al mister di farmi fuori in una gara di marzo, quando ero già stata inserita nella distinta dell’undici titolare. Rimasi in panchina un tempo, poi me ne andai sbattendo la porta perché dovevo tornare al lavoro, per non bruciarmi una giornata di ferie. Al Varazze c’erano troppi galli nel pollaio. Si era partiti con presupposti diversi, per vincere il campionato, poi qualcosa si incrinò, anche con la maggior parte delle altre ragazze”.

Prima della partita d’obbligo tre riti propiziatori, la scaramanzia per Palma è una cabala a cui non sottrarsi: “cavigliera rigorosamente blindata sulla gamba destra, il rituale di rimanere in costume quando parla il mister e il segno della croce al calcio d’inizio....”.

Un’ultima parola sul Molassana, la squadra di cui lei è la principessa tanto amata: “l’ambiente è stupendo, il migliore in assoluto da quattordici anni a questa parte, Siamo lì a due passi dal primo posto e non dobbiamo fermarci adesso. Il Sarzana ha dimostrato di non essere imbattibile. E poi c’è la Coppa Liguria, sempre contro le rossonere, dove siamo in semifinale. Ho ritrovato Bongiovanni, una vera amica, c’eravamo perse per strada, ma ora sarà difficile separarmi dalla mia “ringhio”.