C' ERA UNA VOLTA IL SINDACATO

Dal 1978 al 1993 è esistita l' Associazione Italiana Giocatrici di Calcio, un' associazione che si proponeva di difendere e rivendicare i diritti delle calciatrici. Purtroppo, a causa della scarsa adesione ricevuta negli ultimi anni l' Associazione ha dovuto arrendersi e chiudere i battenti.
Riproponiamo un articolo pubblicato sul Guerin Sportivo nel dicembre del 1989, epoca in cui l'AIGC era forse nel suo periodo migliore, sperando che serva da stimolo alle calciatrici di oggi: forza ragazze, fate sentire la vostra voce !

NOTA BENE: Quanto segue si riferisce al dicembre 1989


CON UNA NUOVA SEDE L' AIGC INSEGUE TRAGUARDI AMBIZIOSI

IL SINDACATO GIOCA IN CASA


di Simonetta Martellini
(dal Guerin Sportivo dell' ultima settimana del Dicembre 1989)
Vincolo non più a vita, ma con scadenza di quattro anni; "apertura" verso le donne arbitro: sono i successi più recenti dell' Associazione Italiana Giocatrici Calcio. E l'anno nuovo porterà il sindacato delle calciatrici a un altro risultato prestigioso: l'acquisto di una sede, a Bergamo, in via Coghetti 190, finanziato anche grazie a una mega-lotteria di quindicimila biglietti. L' Associazione, fondata nel marzo del 1978, vanta oggi circa 350 iscritte. Cinque atlete dell' attuale "rosa" della Nazionale (Bavagnoli, Bonato, D'Astolfo, Mega, Morace) fanno parte del consiglio direttivo. Una pubblicazione bimestrale, "Calcioatlete", tiene informati tesserate e semplici appassionati. Alle battaglie tipiche di un sindacato, e di un sindacato sportivo, si affiancano iniziative culturali come concorsi fotografici e letterari, questionari prevalentemente tecnici, convegni.
Alcune componenti del consiglio direttivo AIGC.  Da sinistra, in piedi, Susanne Augustesen, Wilma Agostinetto,  Milena Bertolini, Paola Bonato, Magda Gozzi, M.Grazia Quarti,  Wilma Seghetti, Paola Cancelli, Annamaria Cavarzan, Liliana Motta.
L' attività dell' AIGC, insomma è intensissima, pari alla passione con cui il presidente Annamaria Cavarzan racconta gli obiettivi del sindacato: "Il problema più generale, nel quale si inserisce poi il calcio, è quello dello sport al femminile in Italia. In un discorso di parità, molti conti non tornano. Non tutte le carriere tecniche sono aperte alle donne, ad esempio. E non esiste il professionismo, neanche ai livelli massimi: rispetto agli uomini c'è meno spazio sui mass media, di conseguenza sono minori le possibilità di "catturare" sponsor, le società stentano a trovare appoggi economici. E per professionismo naturalmente non intendiamo soltanto praticare uno sport dietro compenso. Essere professioniste significa infatti dedicare tutto il tempo necessario alle proprie attività, nelle migliori condizioni fisiche possibili, in piena tranquillità psicologica anche riguardo al dopo carriera".
- Quanto risente il calcio femminile di questi problemi ?
"In maniera pesante. Per la federazione, le atlete sono dilettanti. L'ambiente societario le ritiene delle "mercenarie" quando tentano di pattuire dei rimborsi spese a fronte di un impiego a volte totalizzante".
- Quali sono, dunque, gli obiettivi che vi prefiggerete ?
"Prima di tutto, la definizione dell' impegno reale di una calciatrice. Ci stiamo interessando poi della tutela sanitaria: esistono ancora società di serie A per le quali la visita medica è superflua, inoltre non è più obbligatoria la presenza dell' ambulanza durante le partite. E anche il campo delle assicurazioni è caotico. La Sportass funziona benissimo, ma spesso le calciatrici pagano di tasca propria, incontrando in seguito grosse difficoltà per il rimborso: se sono in prestito, magari, non è ben chiaro a chi debba essere addebitata la spesa. Bisognerebbe rendere più organico il tutto, insomma, non tralasciando nemmeno le serie minori."
- Ma il futuro come lo vedete ? Qualche traguardo "sindacale" è alla portata delle donne che praticano il calcio ?
"E' solo un problema di organizzazione. Maurizio Foroni, il nuovo presidente, ha senz'altro le capacità per mettere ordine in tante cose. L'importante è non perdere di vista la nostra diversità, nell' ambito della Lega Dilettanti. Le donne disputano un campionato di serie A nazionale, la serie B conta solo due gironi, l'azzurro è un punto di arrivo, non di partenza verso altre più concrete soddisfazioni."
- Quando vi riunite? Al di là dei problemi generali, qual è il vostro appoggio alle giocatrici?
"Il Consiglio Direttivo viene convocato ogni 40-45 giorni, l'Assemblea generale una volta l'anno. Abbiamo dei colloqui, per lo più informali, con i dirigenti federali ogni volta che si rende necessario. Forniamo assistenza e consigli tecnici alle ragazze associate, distribuiamo periodicamente questionari che riguardano tutela sanitaria, metodica di allenamento, condizioni fisiche. Ora siamo molto impegnate per via della nuova sede, e quindi ci vediamo costrette a trascurare un po' le attività culturali, ma mi piace sottolineare che lavoriamo tutte, indistintamente. Non si dà da fare solo il presidente, o il consiglio direttivo, ciascuna delle iscritte offre il proprio contributo."
- Quali sono stati i momenti più difficili del cammino dell' AIGC ?
"Indubbiamente i primi anni. Venivamo osteggiate perchè la nostra voce era l'unica contro la disinformazione che davano i presidenti di allora. Durò un paio di stagioni. Poi, grazie anche a iniziative collaterali promosse da noi, qualcuno cominciò a capire che volevamo collaborare, non distruggere."
- E per l' immediato futuro cosa vorresti ?
"Io faccio parte della Consulta per il calcio femminile all' interno della Federazione. Ecco, vorrei che quella consulta fosse convocata. Perchè, sì, le singole componenti vengono interpellate con regolarità. Ma trovarsi di fronte tutti gli interlocutori, fare domande, formulare proposte in... diretta potrebbe costituire una preziosa accelerazione nella soluzione dei problemi"
Annamaria Cavarzan premia Mabel Bocchi durante la  festa per il decennale della AIGC. La Cavarzan, 40 anni,  ha giocato nel Diadora Valdobbiadene dal '70 al '78