Da CalcioAtlete del novembre 1988 - Seconda pagina


IL PARLAMENTO EUROPEO

E LA

FALSITÀ ITALIANA

        Raccogliendo l’invito del Parlamento Europeo, al quale è stata anche presentata la Carta dei diritti delle donne nello Sport, che già in Italia aveva contribuito non poco, dal 1984 in poi, a smuovere le coscienze delle stesse atlete affinché non continuassero ad accettare passivamente le discriminazioni su ogni piano, in primavera il coordinamento donne dell’UISP di Milano prendeva un’iniziativa alla quale aderiva anche l’Associazione Calciatrici e lanciava una raccolta di firme; ecco il testo del documento:
        Il Parlamento Europeo invita quei pochi Stati membri che consentono che le attività sportive esulino dalla sfera delle pari opportunità e della normativa antidiscriminatoria, a eliminare tale esenzione, in modo da promuovere pari opportunità per le donne nello sport così come in tutti gli altri campi della vita.
        Art. 3 Invita quindi tutte le Federazioni nazionali ed internazionali degli sport olimpici a predisporre i propri statuti al rispetto delle leggi comunitarie e nazionali di parità di accesso agli sport da parte di tutti i cittadini senza alcuna discriminazione di sesso e di condizione sociale, assicurando a tutti gli iscritti pari diritti.
        Art. 4 Invita le autorità a livello nazionale, regionale e locale ad esercitare pressioni su detti organismi affinché modifichino tali disposizioni discriminatorie, in particolare rifiutando sovvenzioni a circoli e a organismi sportivi discriminatori nei confronti delle donne.
        Proponiamo pertanto che dal 20 comma dell’art. 17 (ora art. 33) del regolamento A.I.A. sia depennata la frase «di sesso maschile» ed il relativo testo assuma il seguente tenore «possono essere ammessi a frequentare i corsi i giovani di ambo i sessi, di nazionalità italiana aventi i seguenti requisiti...»
        Dalla stagione agonistica 88/89 l’arbitro di sesso femminile possa non solo partecipare ai corsi indetti dall’A.I.A. ai vari livelli ma accedere all’effettivo arbitraggio per quanto concerne l’attività di calcio femminile, avviando una seria sperimentazione nei settori giovanili di ambo i sessi.
        Chiediamo inoltre che siano riviste, al più presto, le posizioni delle donne che non hanno ottenuto, causa attuale regolamento, la richiesta abilitazione ufficiale per l’arbitraggio.
        Tutto ciò dovrà avvenire tenendo conto delle capacità reali dei soggetti nel pieno riconoscimento delle pari opportunità tra i due sessi.
        Su questa proposta che avanziamo sin da oggi agli organismi interessati chiediamo l’adesione delle donne in generale, delle atletc del mondo calcistico e sportivo tutto, e di quanti hanno a cuore non solo i diritti delle donne ma l’osservanza della Costituzione italiana.
        Raccogliemmo alcune firme, senza potere, purtroppo, prestare molta attenzione alla cosa. Oltretutto, sembrava che una modifica a questo articolo fosse imminente, almeno per quanto riguarda il calcio femminile dove, non possiamo aver dimenticato, aveva arbitrato in serie A l’ottima Rimoldi e non era stata la sola ad aver raggiunto alti livellii e con pieno merito.
        Lo parole tra noi leggere, dobbiamo dire per parodiare un certo titolo? E comunque eccoci qui e nulla è cambiato, l’illusione che il semplice buon senso dica di togliere da un regolamento una norma di segregazione razziale, si è rivelata, appunto, per quello che era: un’illusione ed è grave. È grave perché ha il chiaro ammonimento di un allarme: se per cambiare non bastano i saggi ragionamenti tipo il mondo è oramai cambiato, allora si deve studiare dell’altro. Allora è vero che oggi non si ha più il coraggio di dichiararlo apertamente: ma è vero che, in realtà, nei fatti, non si fa nulla per cambiare e dare, anche a metà della popolazione italiana, gli stessi diritti dell’altra metà. E non ci si meravigli poi tanto quindi del razzismo o della segregazione di altri stati, ma si rifletta solo un po’ sul fatto che, anche in Turchia, come in Francia, da anni arbitrano le
donne.
        E dunque, rilanciamo questa raccolta di firme, chiediamo alle parlamentari e ai parlamentari, ai dirigenti sportivi tutti di intervenire presso l’AIA, per modificare questa norma assurda e che, al più presto, almeno nel calcio femminile e a tutti i livelli, abbiano accesso le donne. Ma chiediamo anche che non si debba più tornare, il prossimo 8 marzo, a rilanciare su questo argomento: allora, io credo, sarà il caso di studiare dell’altro, non solo in parole, però.
        ADERIAMO TUTTE!

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